Governo Meloni. Robin Hood all'incontrario

La manovra del governo Meloni non affronta i nodi di questa crisi e toglie ai poveri per dare ai ricchi, in continuità con i precedenti.


Governo Meloni. Robin Hood all'incontrario Credits: https://www.kulturjam.it/politica-e-attualita/robin-hood-al-contrario-del-governo-meloni/

Nella notte fra il 22 e il 23 novembre il Consiglio dei Ministri ha approvato la prima bozza del testo della legge di Bilancio 2023. La sua approvazione definitiva da parte del Parlamento, probabilmente con diverse modifiche, avverrà entro la fine dell'anno. Si tratta di un provvedimento dai connotati fortemente classisti che non sarà in grado di rispondere all'attuale gravissima situazione economica e sociale

Il governo si muove nel quadro del rialzo dei tassi e della restrizione monetaria da parte della Bce, in risposta all'inflazione in atto. Questa risposta sarà scarsamente efficace visto che l'inflazione non è dovuta a un eccesso di domanda ma a problemi di offerta causati dal rincaro dei prodotti energetici delle materie prime e da colli di bottiglia nella filiera produttiva. Però il rialzo dei tassi metterà in difficoltà le imprese marginali e indebitate. Alcune chiuderanno i battenti e il processo in atto di centralizzazione dei capitali subirà un'accelerazione. Inoltre sarebbe più corretto affermare che nell’attuale fase di bassa crescita economica la riduzione del potere di acquisto dei salari è una ricetta deleteria che rende ancora più difficile collocare nel mercato tutte le merci prodotte. La perdita del potere di acquisto non è risolvibile con la politica dei bonus introdotta dal Governo Draghi e continuata dalla neo premier Meloni.

Le proiezioni macroeconomiche della Banca d'Italia dell'ottobre scorso prevedono “una contrazione del prodotto nella seconda metà del 2022” e nel primo trimestre del 2023 (quindi si tratterà tecnicamente di recessione). A questa seguirebbe “una modesta ripresa dal secondo trimestre del 2023, che si rafforzerebbe gradualmente in seguito”. Ciò nonostante il prodotto diminuirebbe, rispetto alle previsioni di luglio, dell'1% nel 2023 e del 3% nel 2024 mentre i consumi delle famiglie manterrebbero il segno meno nel prossimo anno. Anche l'inflazione supererebbe di circa un punto le previsioni di luglio, mentre il prezzo del gas, che già era aumentato del 47% nel 2021, si moltiplicherebbe quasi per 16 nel triennio 2022- 2024! In salita anche la disoccupazione. 

Anche autorevoli agenzie ed organismi internazionali forniscono un quadro previsionale simile e pongono l'Italia, insieme alla Germania, fra i paesi che maggiormente risentiranno della crisi.

Di fronte a questa situazione molto negativa, una manovra decorosa avrebbe dovuto, grazie alla messa in campo di adeguati investimenti pubblici, fronteggiare la carenza dei prodotti energetici e l'esplosione dei loro costi insieme a quelli alimentari, cercare di ridurre i colli di bottiglia della filiera produttiva al fine di evitare la chiusura di molte imprese, senza escludere la nazionalizzazione dei comparti produttivi strategici (energia, telecomunicazioni, acqua, reti di trasporto pubblico ecc.). Si doveva inoltre aiutare le famiglie maggiormente colpite, quelle che stentano a sopravvivere a causa della disoccupazione, della sotto occupazione e della precarietà del lavoro e potenziare i servizi pubblici essenziali, quali sanità e istruzione, in modo che offrissero alle classi meno abbienti un decoroso livello di prestazioni. Si doveva porre un tetto alle bollette e ai prezzi dei generi alimentari che cannibalizzeranno salari e pensioni. Si dovevano rimuovere le sanzioni alla Russia, che obbligano il nostro Paese a rivolgersi a mercati più costosi, uscire dalla guerra, sganciare il prezzo dell'energia elettrica da quello del gas, combattere la speculazione sui prodotti energetici in vigore già prima della guerra in Ucraina. Niente di tutto questo è previsto: il governo si appresta a elargire mance alla propria clientela e a colpire proprio i soggetti più svantaggiati.

Un esempio sono le regalie a chi già paga poche tasse o le evade a cui corrisponde il colpo assestato al reddito di cittadinanza, tagliato a partire dal 2023 per cancellarlo possibilmente nel 2024. Noi rimaniamo convinti che la risposta più corretta alla disoccupazione sia la creazione di posti di lavoro di qualità e la riduzione dell'orario di lavoro; tuttavia, in assenza di questi provvedimenti e nell'attuale quadro emergenziale, consideriamo questa decisione contraria agli interessi dei lavoratori perché circa un milione di persone, che erano state allontanate dalla povertà e potevano non essere soggetti al ricatto di lavori degradanti e malpagati, si troveranno senza questa copertura e tenderanno, in concorrenza con gli altri, a spingere verso il basso le retribuzioni per tutti. Anche gli squilibri territoriali cresceranno dal momento che il Mezzogiorno era il principale destinatario di tale beneficio. Ulteriori squilibri saranno inoltre sanciti dall’autonomia differenziata che diventerà presto il cavallo di battaglia nella corsa alla segreteria del Pd con il candidato Bonacini in perfetta sintonia con i Governatori del Nord eletti dal centro destra.

Erano insorti contro il reddito di cittadinanza proprio gli imprenditori preoccupati perché esso costituiva di fatto anche soglia minima di retribuzione e rendeva loro difficile poter assumere forza lavoro a salari addirittura inferiori a tale reddito come lorsignori gradirebbero. La distinzione tra inabili al lavoro, ai quali spetterebbe un sussidio, e lavoratori occupabili, cioè persone che sarebbero avviate al lavoro è truffaldina perché allo stato attuale delle cose il lavoro non c'è e quello che c'è è super sfruttato, tra salari irrisori, spese di viaggio da sostenere e precarietà contrattuale. Se davvero si ritiene che il reddito di cittadinanza sia un disincentivo per la ricerca di un lavoro si dovrebbe intervenire direttamente sulla promozione dell'occupazione e in alcune aree geografiche prevedere lavori socialmente utili per la cura e messa in sicurezza del territorio. Però tutto ciò è improponibile visto il vento di ordoliberismo che spira nel Governo e la sua sudditanza allo stesso al padronato che chiede sempre soldi a pioggia mai mirati all’occupazione e al potenziamento dei servizi pubblici

La tregua fiscale, la flat tax – che farà pagare solo il 15% agli autonomi che guadagnano (o meglio denunciano!) fino a 85.000 euro all'anno –, la possibilità di effettuare pagamenti in contanti e addirittura di rifiutare quelli non in contanti entro la soglia di 60 euro, sono provvedimenti demagogici e clientelari verso la piccola borghesia che hanno per contropartita il peggioramento dei servizi pubblici, il ritorno alla Fornero e la ridotta indicizzazione di salari e pensioni. Si tratta inoltre di un altro affronto alla nostra Costituzione, ormai carta straccia, che prevede che i cittadini devono contribuire alla finanza pubblica secondo la loro capacità contributiva e con un sistema improntato alla progressività.

Per un'idea sintetica della manovra si pensi che essa ammonta a 35 miliardi ma quasi il 63 per cento di tale importo andrà a regalie fiscali o contributi a pioggia mentre a pensioni e salari, peraltro sotto la forma perversa del cuneo fiscale, andranno in media meno di 1,50 euro al giorno.

Anche gli obiettivi macroeconomici sono inadeguati alla situazione. La programmata graduale riduzione del deficit pubblico, pur in presenza di spese crescenti per interessi, sarà ottenuta attraverso l'aumento del saldo attivo primario. Quindi si preleverà dai cittadini più di quanto si offrirà loro in servizi. Questo è tutto fuori che una manovra espansiva e supera in rigore (a senso unico, viste le regalie) perfino il non rimpianto governo Draghi.

E così vengono ulteriormente ridotti i fondi per la sanità, nel solco di una tendenza quarantennale, a rischio di un ritorno al déjà vu delle restrizioni imposte in due anni di pandemia che proprio in questi giorni manifesta una forma di recrudescenza. Perché misure come il green pass, dimostratesi poco utili ai fini del contenimento dei contagi, possono essere evitate più agevolmente se la sanità funziona. A meno che l'intento del Governo non sia quello di favorire nuovi processi di privatizzazione. Nella stessa direzione pare andare anche l'istruzione (non a caso hanno cambiato la denominazione del ministero, sopprimendo la parola “pubblica”), con l'elargizione di 70 milioni di euro alle scuole private, mentre quelle pubbliche vivono nella miseria e spesso non hanno neppure edifici a norma.

Il rinnovo dei contratti della Pubblica amministrazione non ha stanziamenti di bilancio. Pertanto 3,2 milioni di dipendenti, e le loro famiglie, dovranno aspettare il 2024 quando i loro contratti saranno scaduti da ben 24 mesi. Il rinvio dei rinnovi dei contratti pubblici conferma l’atavico disprezzo verso non solo il lavoro pubblico (sanità e istruzione in primis) ma verso quei servizi che rappresentano una minaccia per il potenziamento degli interessi privati che fanno breccia anche in ambito sindacale attraverso il welfare aziendale, sanità e previdenza integrative e sbocchi per la sovrapproduzione di capitale attraverso le privatizzazioni.

Positiva invece sarà l'indicizzazione delle pensioni per il biennio 2023-2024 che, opportunamente per motivi di giustizia, sarà pari al 100% per le pensioni fino a 2100 euro, all'80% per quelle fino a 2.625, e via via a calare fino al 35% per quelle superiori a 5.250 euro. Ma fatti due conti non andrà molto nelle tasche dei pensionati più poveri. Siamo ancora molto lontani dal punto unico di scala mobile in vigore fino alla sua soppressione che costituiva un forte elemento perequativo e dal risarcimento di anni di perdita di valore reale di salari e pensioni.

Sarà invece incrementata la spesa militare, abilmente spalmata in vari capitoli di bilancio, e saranno rifinanziate tutte le missioni all'estero che fanno da apripista anche alla lobby delle industrie di armi. 

Per questo è necessario costruire un vasto fronte di opposizione a questo governo che si discosta dai precedenti solo su questioni di immagine ma intende proseguirne il massacro sociale, magari favorendo qualche beneficiario della manovra piuttosto che qualche altro, visto che la clientela di Salvini e Meloni non è esattamente la stessa di quella del Pd.

02/12/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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