Il programma minimo

Riduzione dell’orario di lavoro e lotta per il salario sociale devono essere i due punti chiave di un programma minimo di classe, indispensabile in una fase non rivoluzionaria come la nostra.


Il programma minimo

Segue da: “Il programma minimo di classe

Nella prima parte del programma elettorale del Partito Operaio francese, Karl Marx era riuscito a inserire una introduzione formata da indicazioni strategiche e da punti di riferimento utili a collegare il programma minimo a un programma massimo rivoluzionario [1]. Friedrich Engels descrisse la prima sezione, la più ampia del programma [2], come "un raro capolavoro di argomenti convincenti, scritto in modo succinto e chiaro per le masse".

Per altro subito dopo l’approvazione del programma, nel congresso del Partito operaio, emersero le differenti prospettive fra i quattro redattori, ovvero Marx ed Engels da una parte e Paul Lafargue e Jules Guesde dall’altra. Infatti, per i fondatori del socialismo scientifico il programma minimo rappresentava uno strumento di agitazione formato da obiettivi raggiungibili all’interno della struttura capitalista, ma che i capitalisti stessi non avrebbero mai concesso spontaneamente, se non pressati da lotte molto radicali da parte del proletariato. Al contrario, come osserverà Marx: “non dando credito alla possibilità di poter ottenere tali riforme dalla borghesia, Guesde le considerava non come un programma di lotta pratico, ma semplicemente [...] come un'esca con la quale allontanare gli operai dal radicalismo [ossia dal riformista Partito radicale]”. In altri termini, a parere di Guesde, il rifiuto della borghesia di concedere le riforme proposte dal programma minimo avrebbe convinto gli operai ad abbandonare le illusioni riformiste e passare sul terreno della lotta rivoluzionaria. È proprio dall’accusa rivolta a Guesde di negare il valore della lotta per delle vere riforme, che solo i rivoluzionari sono in grado di ottenere, che Marx coniò la celebre affermazione – citata da Engels in una lettera a C. Schmidt datata 5 agosto 1890 – che se Guesde e Lafargue si definivano marxisti, di conseguenza “tutto quel che so, è che non sono marxista”.

D’altra parte oggigiorno Il proletariato – sempre più costretto ad aumentare i ritmi e le ore di lavoro, per poter riprodursi come classe sfruttata – è sempre meno dotato di una cultura autonoma da quella impostale dalla classe dominante. Tanto più che, al di là di quanto asserisce l’ideologia dominante, non solo a livello internazionale, ma anche nel nostro paese non è certo venuto meno il proletariato in quanto tale, ossia il proletariato in sé, dal momento che il lavoro salariato è anche negli ultimi anni sostanzialmente in espansione nei principali settori dall’industria, ai trasporti, alla distribuzione, semmai occultato da forme contrattuali nuove e diversificate. Alla moderna classe dei salariati, dunque, è venuta a mancare la coscienza di classe, a causa delle sconfitte degli ultimi quarant’anni e della atomizzazione del proletariato a seguito della delocalizzazione della produzione. Tale mancata consapevolezza della propria identità non può che favorire la divisione fra gli sfruttati – portata avanti dall’ideologia dominante, al solito al servizio della classe dominante – e far prevalere nel conflitto di classe gli sfruttatori che, al contrario, hanno una salda consapevolezza dei propri interessi almeno immediati.

Tale carenza del proletariato è, contrariamente a quanto crede la sinistra spontaneista, da un certo punto di vista, per così dire, “necessaria”. Come hanno più volte sottolineato Marx o Vladimir I. U. Lenin, il salariato tende a sviluppare “naturalmente” una coscienza piccolo-borghese, in quanto non ha gli strumenti necessari a contrastare l’ideologia dominante che gli media la propria immagine di sé. Così, il proletariato, sempre più costretto ad aumentare i ritmi e le ore di lavoro per poter riprodursi come classe sfruttata, è sempre meno dotato di una cultura autonoma da quella impostale dalla classe dominante. Come individuo, in particolare, il salariato non può disporre di tutti gli strumenti necessari a contrastare l’ideologia dominante, articolata e complessa, ed è “naturale” che gli schemi di pensiero e i modelli comportamentali che lo accompagnano nella vita di tutti i giorni siano il risultato di quanto la borghesia gli impone attraverso il filtro del poderoso apparato egemonico, culturale e massmediatico di cui dispone. Non a caso, anche i più recenti sondaggi ricordano, come buona parte degli elettori vota sulla base di quanto asseriscono i telegiornali, tutti posti sotto il pieno controllo della classe dominante. Ciò fa sì che il proletariato non sia più in grado di riconoscere quali siano i propri reali profondi interessi e sia mosso principalmente dai bisogni più immediati, anche se sono in contraddizione con i primi. In tal modo, è facile preda della propaganda razzista, corporativa e asociale che lo porta a considerare i lavoratori immigrati dei pericolosi concorrenti e a vedere nel leghismo la possibilità di salvaguardare i propri miseri privilegi rispetto ai lavoratori immigrati.

 Il salariato può, quindi, conseguire la coscienza di sé solo se dispone di una concezione del conflitto di classe autonoma dalle compatibilità imposte dal padronato e, quindi, di una visione del mondo e una prospettiva indipendente: il marxismo, che può far propria esclusivamente grazie all’opera di mediazione dell’intellettuale collettivo, ovvero di un Partito comunista non revisionista all’altezza dei tempi. A tal fine non basta mettere insieme cinque o sei organizzazioni in difficoltà per crearne una migliore. Non si tratta, infatti, di un compito facile che può essere rapidamente risolto. Le organizzazioni politiche esistenti che si richiamano al marxismo, pur nello sforzo esemplare di una militanza che rischia di apparire residuale, non sono sufficienti. Ciò è stato dimostrato non solo da tutti i recenti risultati elettorali, ma anche dall’ulteriore allontanamento di tanti lavoratori dalla politica attiva.

Vi è, dunque, una priorità per le forze progressiste di questo paese: ricostruire il Partito quale intellettuale collettivo in grado di sviluppare la coscienza di classe del proletariato. Tale consapevolezza è decisiva di contro agli intellettuali tradizionali piccolo-borghesi che tendono a edulcorare il capitalismo, asserendo che l’uomo non può essere considerato una merce.

Solo prendendo coscienza di sé come classe sfruttata e della dura realtà del modo di produzione capitalistico, in cui la forza-lavoro è ridotta a merce, è possibile battersi per ottenere le migliori condizioni possibili di vita al suo interno, ponendo le basi per il suo superamento. In effetti se i salariati prendessero coscienza che il padrone compra la loro forza-lavoro al pari di tutte le altre merci, ne dedurrebbero facilmente che essa ha un valore e un prezzo che i padroni, per i propri interessi, tendono “naturalmente” a comprimere a quel minimo indispensabile a tutta la classe per riprodursi nel suo complesso, che ovviamente non tiene conto di quanto è necessario al singolo proletario.

Dunque, all’interno del modo di produzione capitalistico, il proletariato moderno deve in primo luogo battersi affinché la propria forza-lavoro sia venduta nel miglior modo possibile o, quantomeno, al suo valore, ovvero per la difesa del salario sociale di classe. Dal momento che il valore della forza-lavoro complessivamente venduta ai capitalisti corrisponde alla quantità di merci necessarie alla riproduzione del proletariato in quanto classe sfruttata, il salario che consente tale riproduzione è una categoria sociale. Dunque, va tenuto distinto dalla sua forma fenomenica, ovvero dalla singola busta paga, per questo occorre muovere dalla difesa e dall’estensione del salario sociale, nelle sue tre forme. In quanto il salario sociale ricomprende in sé oltre al valore di scambio necessario alla riproduzione della forza-lavoro nel suo complesso, il salario diretto, anche la componente differita (pensioni e Tfr) e indiretta del salario, ovvero servizi a prezzi calmierati: dai trasporti, alle case popolari, dall’istruzione pubblica necessaria alla formazione della vecchia e nuova generazione di salariati, alle cure mediche indispensabile alla riproduzione della classe.

Il salario, dunque, non coincide con lo stipendio – in cui è presente soltanto la prima delle tre componenti, ossia la quota diretta. Dal momento che ogni aumento del salario, che rende l’impresa meno competitiva sul piano della concorrenza, corrisponde a una diminuzione degli utili del capitale, tali miglioramenti sono possibili solo mediante il conflitto di classe dal basso, in quanto nessun capitalista rinuncerà mai a una porzione, seppure minima, del suo utile se il proletariato non gli oppone la necessaria resistenza.

Ed è per questo che una battaglia generale per il salario sociale si compone di diversi elementi: in primo luogo la lotta per il salario diretto, ovvero per lo stipendio, da difendere ed estendere. Si tratta di una lotta indispensabile, in primo luogo, per difendere la nostra stessa civiltà, che rischia altrimenti di precipitare sempre più nella barbarie. Il salario corrisponde in generale a quanto necessario all’intera classe lavoratrice per riprodursi in quanto tale, compresa dunque la forza-lavoro al momento inoccupata, sottoccupata e in formazione o inabile al lavoro. Tuttavia la quantità di beni necessaria a tale riproduzione varia necessariamente da paese a paese e da epoca storica a epoca storica, in funzione essenzialmente di quello che si ritiene socialmente e culturalmente indispensabile. Ad esempio la possibilità di poter acquistare un quotidiano in determinate società fa parte del paniere indispensabile alla riproduzione della forza-lavoro.

Note:
[1] Riportiamo l’introduzione al programma scritta da Marx: “considerando, Che l'emancipazione della classe produttrice è l'emancipazione di tutti gli esseri umani senza distinzione di sesso o razza; Che i produttori possono essere liberi solo quando sono in possesso dei mezzi di produzione (terra, officine, navi, banche); Che esistono solo due forme in cui i mezzi di produzione possano appartenergli: (1) La forma individuale, mai esistita a livello generalizzato ed eliminata in modo crescente dal progresso industriale; (2) La forma collettiva, i cui elementi materiali ed intellettuali sono costituiti dallo stesso sviluppo della società capitalista. Considerando, Che tale appropriazione collettiva può svilupparsi solo attraverso l'azione rivoluzionaria della classe produttiva – o proletariato – organizzato in un distinto partito politico; Che tale organizzazione deve essere perseguita con tutti i mezzi che il proletariato ha a sua disposizione, incluso il suffragio universale, il quale verrà trasformato, dallo strumento di inganno che è stato finora, in strumento d'emancipazione; Gli operai socialisti francesi, adottando come obiettivo dei loro sforzi l'espropriazione economica e politica della classe capitalista e la restituzione alla comunità di tutti i mezzi di produzione, hanno deciso, come strumento d'organizzazione e di lotta, di partecipare alle elezioni con le seguenti richieste immediate”.
[2] Riportiamo la prima sezione del programma cui fa riferimento Engels: “A. Sezione Politica: (1) Abolizione di tutte le leggi su stampa, riunioni e associazione, e soprattutto della legge contro l'Associazione Internazionale degli Operai. Soppressione del livret [certificato che ogni operaio era legalmente costretto a presentare quando veniva assunto per un nuovo lavoro, esso serviva a confermare che tutti i suoi debiti ed obblighi nei confronti del datore di lavoro precedente fossero stati espletati], quella forma di controllo amministrativo sulla classe operaia, e di tutti gli articoli del Code [Napoleon, ossia il diritto francese] che stabiliscono l'inferiorità dell'operaio rispetto al capo, e della donna rispetto all'uomo; (2) Confisca delle risorse degli ordini religiosi e restituzione alla nazione dei ‘beni detti essere manomorta, mobili e immobili’ (decreto della Comune del 2 aprile 1871), inclusi tutti gli edifici industriali e commerciali di tali enti; (3) Soppressione del debito pubblico; (4) Abolizione dell'esercito permanente e armamento generale del popolo; (5) Che la Comune sia padrona della propria amministrazione e della propria polizia”.

25/07/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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