Whirlpool una sconfitta spacciata per vittoria

“Il nemico marcia sempre alla tua testa”, questa la considerazione che viene in mente leggendo le grida di giubilo dei sindacati dopo l’accordo che hanno siglato il 2 luglio con la multinazionale d’oltreoceano per risolvere la vertenza che va avanti da oltre 5 mesi. I lavoratori e le lavoratrici hanno avviato con la lotta una trattativa che poteva portare risultati importanti. I sindacati, invece di portare la lotta fino in fondo, l’hanno deviata chiudendo un accordo su una mediazione estremamente al ribasso e senza prospettive. L'ultima parola adesso agli operai con il referendum.


Whirlpool una sconfitta spacciata per vittoria

“Il nemico marcia sempre alla tua testa”, questa la considerazione che viene in mente leggendo le grida di giubilo dei sindacati dopo l’accordo che hanno siglato il 2 luglio con la multinazionale d’oltreoceano per risolvere la vertenza che va avanti da oltre 5 mesi. I lavoratori e le lavoratrici hanno avviato con la lotta una trattativa che poteva portare risultati importanti. I sindacati, invece di portare la lotta fino in fondo, l’hanno deviata chiudendo un accordo su una mediazione estremamente al ribasso e senza prospettive. L'ultima parola adesso agli operai con il referendum.

di Pasquale Vecchiarelli

C’è “qualquadra che non cosa”, come direbbe ironicamente un noto giornalista italiano, nell’analisi dell’accordo raggiunto il 2 luglio scorso tra sindacati e vertici aziendali in merito alla lunga e faticosa vertenza Whirlpool.

Tutti i sindacati si ritengono soddisfatti dell’accordo siglato perché, dicono, sono stati scongiurati i licenziamenti strutturali e perché l’azienda ha assicurato ingenti investimenti per il rilancio dei siti produttivi italiani.

“L'intesa raggiunta oggi rappresenta una svolta nelle scelte che hanno segnato le relazioni industriali in Italia in questi ultimi anni. È il risultato della lotta di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori della Whirlpool, di una trattativa che abbiamo deciso di mantenere anche in situazioni difficili, della scelta dell'azienda di individuare soluzioni industriali condivise oltre che sostenibili e del sostegno dato dal Governo alla vertenza.” Questo è il commento a caldo del sindacato dei metalmeccanici subito dopo la firma dell’accordo . Marco Bentivogli , leader della Fim, parla addirittura di una inversione ad U : "Abbiamo firmato un accordo importante che premia due mesi di lotta che hanno convinto a una retromarcia gli americani. Il nuovo piano industriale da bollettino di guerra diventa vero piano di rilancio" .

Sul fatto che la lotta paghi non abbiamo nessun dubbio; se le trattative hanno prodotto degli avanzamenti è solo grazie alla lotta dei lavoratori e delle lavoratrici le cui parole d’ordine sono molto più avanzate di quelle dei sindacalisti che si pongono alla loro testa.

Osservando i numeri e le condizioni siglate nell’accordo del 2 luglio una domanda sorge spontanea: siamo davvero di fronte ad una inversione ad U, come sostiene Bentivogli, o piuttosto si tratta di una mediazione al ribasso senza prospettive vere di rilancio industriale e, quindi, di reale miglioramento delle condizioni dei lavoratori?

Per rispondere a questo interrogativo è d’obbligo considerare qualche numero ma, soprattutto, stabilire che il punto di osservazione non può essere quello iniziale unilaterale dell’azienda – che ovviamente è partita “sparandola grossa” e invocando la chiusura dei siti di Carinaro e None e duemila esuberi - ma piuttosto quello dei lavoratori, vale a dire la salvaguardia di tutti i posti di lavoro, la riduzione dell’orario, l’aumento del salario ed il rilancio industriale.

Sgombriamo subito il campo dal solito scetticismo filo-padronale sulla capacità di accumulazione in tempi di crisi: si sta parlando di una multinazionale, la Whirlpool , che dopo l’acquisizione di Indesit è praticamente divenuta monopolista del settore, in Occidente, con un fatturato annuale che, prima dell’incorporazione della concorrente italiana, si aggirava intorno ai 20 miliardi di dollari, con utili di gestione superiori al miliardo.

Dunque, non una multinazionale in crisi ma una multinazionale che, nella crisi, accumula enormi profitti grazie al valore prodotto dal lavoro non pagato estorto agli operai.

E’ chiaro che se le coordinate di riferimento sono le condizioni poste dell’azienda all’inizio della trattativa, anche se si fosse salvato un solo posto di lavoro si sarebbe potuto gridare alla vittoria. Se, invece, il punto di vista è quello di classe, le cose cambiano notevolmente.

Vediamo nell’essenziale cosa prevede l’accordo per il sito di Carinaro. Attualmente sono impiegati 815 operai specializzati; in futuro il nuovo piano di “sviluppo” prevede di impiegare, a regime, 320 lavoratori ma, prima di arrivare a regime, il piano prevede l’impiego di soli 200 operai e gli altri 120 a rotazione con contratti di solidarietà.

I rimanenti 500 operai circa, attualmente impiegati, dovranno, su base “volontaria”, dimettersi, trasferirsi o valutare, laddove ne sussistano le condizioni, lo scivolo pensionistico . Per quanto riguarda invece il piano produttivo, l’azienda americana punta a trasformare il sito di Carinaro in un polo per l’assemblaggio e la spedizione dei pezzi di ricambio.

Dunque, il famoso rilancio dello stabilimento di Carinaro consiste nella sostanza in 500 esuberi e un ridimensionamento qualitativo del processo produttivo: sostanzialmente, quelli che rimarranno si occuperanno dei pacchi da spedire in Europa.

Può quindi essere considerata questa una vittoria per i lavoratori ? Assolutamente no, perché siamo di fronte ad un sostanziale demansionamento che, in prospettiva, si tradurrà in maggiore ricattabilità, una sostanziale riduzione dell’organico attivo ed una riconversione della produzione da industriale a logistica.

E’ questa invece una vittoria dei padroni? Non c’è ombra di dubbio. La Whirlpool ottiene da questa battaglia una sostanziale riduzione dell’organico , anche se su base “volontaria” che, unita alla riorganizzazione gestionale e tecnologica, consentirà maggiore produttività senza contare il peso maggiore della ricattabilità salariale, cui si accennava sopra, che potrà esercitare negli anni a venire su un corpo operaio meno numeroso e meno specializzato.

L’accordo dovrà ora passare al vaglio degli operai che dovranno votarlo. La lotta li ha stremati e, certo, non si può ottimisticamente pensare che si possa verificare un rilancio della trattativa quando anche le avanguardie sindacali stesse sono sulla linea dell’accordo. D’altro canto, però, sarebbe interessante il profilarsi di possibili sviluppi nel caso in cui nessuno di loro accettasse l’esodo volontario: staremo a vedere.

05/07/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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