Di alternanza scuola-lavoro si muore

Si fa sempre meno attenzione alla sicurezza nei luoghi di lavoro e ne fanno le spese anche gli studenti in alternanza scuola-lavoro. Tale istituto è finalizzato a sfruttare lavoratori non contrattualizzati e a sottrarre ore di insegnamento vitali per formare la coscienza delle nuove generazioni.


Di alternanza scuola-lavoro si muore

L’infortunio sul lavoro tecnicamente si definisce come evento che provoca un danno all’integrità psicofisica di un lavoratore durante il normale svolgimento dell’attività lavorativa. In un successivo stadio possiamo distinguere fra causa violenta, evento nefasto o trauma.

Senza addentrarci nel merito della definizione tecnico-giuridica di un infortunio sul lavoro, possiamo asserire che infortuni, morti e malattie professionali sono in continuo aumento anche quando si riducono le ore lavorate e diminuisce il numero della forza lavoro attiva.

Nel dopoguerra, nel quindicennio del boom economico, infortuni, morti e malattie erano senza dubbio maggiori ma non esisteva consapevolezza del fenomeno, anzi sovente si pensava che la ripresa dell’economia avrebbe determinato costi anche in termini di vite umane.

Per decenni, fino agli anni Novanta del secolo scorso, la normativa ha riguardato il funzionamento delle macchine; successivamente si sono aggiunte nuove disposizioni che mettono al centro il lavoratore e la lavoratrice.

Il depotenziamento della medicina preventiva e del lavoro ha favorito la disattenzione verso questa piaga. Le aziende hanno beneficiato di aiuti e sgravi senza che mai i pubblici poteri abbiamo ottenuto in cambio la dovuta attenzione verso la salute e sicurezza che rappresenta un costo a carico dei datori. Anche la crescente precarizzazione dei rapporti di lavoro è stata una causa di molti infortuni, talvolta mortali, per l’ovvio motivo che su un precario si investe meno in formazione e dispositivi di sicurezza, mentre il malcapitato è più facilmente ricattabile e quindi sottoponibile a condizioni lavorative meno sicure con l‘esca del miraggio di un rinnovo del contratto o di una futura stabilizzazione.

Venendo alla scuola, negli anni scorsi si è diffusa la nefasta teoria che essa non fosse motore della società e occasione di scalata sociale per i figli delle classi sociali meno abbienti. Infatti siamo in presenza di un ascensore sociale fermo da quarant’anni mentre le disuguaglianze economiche e sociali si sono accentuate nei due anni di pandemia.

La delegittimazione della scuola pubblica è stata parte integrante di un processo di ristrutturazione, lo stesso che contemporaneamente ha eliminato un quarto dei posti letto negli ospedali dal 1980 a oggi.

Illustri intellettuali ci hanno spiegato che la scuola non sarebbe al passo con i tempi e che la colpa, a detta di loro, sarebbe della storia, della geografia e di altre materie giudicate inutili.

E così hanno spiegato come l’interazione tra scuola e lavoro fosse la panacea di tutti i mali, dimenticando che nelle imprese medio-piccole si investe assai poco in formazione e sicurezza.

Per gli istituti tecnici e professionali, e non solo per loro, detrarre un monte ore dagli insegnamenti canonici è sembrata la strada migliore per restituire forza e credibilità alla scuola pubblica, in quanto si favorirebbe, attraverso gli stage, l’inserimento lavorativo.

Ma una buona parte degli stage sono stata l’occasione per non assumere personale con regolare contratto di lavoro, fosse esso pure a tempo determinato. Il tutor che dovrebbe affiancare gli studenti si è perso per strada e gli studenti sono stati impiegati come forza-lavoro alla quale assegnare funzioni spesso gravose senza alcuna preparazione ed esperienza.

Saranno da chiarire le circostanze nelle quali il diciottenne di Udine è morto sotto la caduta di una trave di acciaio, ma di certo uno stagista non dovrebbe stare in luoghi pericolosi e men che mai sostituire forza-lavoro contrattualizzata.

Il primo problema da affrontare è legato agli stage che riteniamo siano del tutto inutili. Altro discorso sarebbe quello di dotare le scuole di laboratori attrezzati, ma l’edilizia scolastica è stata falcidiata da tagli e mancati investimenti.

Al termine del percorso di studi potremmo anche pensare a una nuova leva di contratti di apprendistato la cui durata dovrebbe essere inferiore a quella attuale. Possiamo anche entrare nel merito dei contributi statali e del sistema fiscale per questa tipologia contrattuale, ma partendo dal presupposto che stiamo parlando di forza-lavoro contrattualizzata e inserita in azienda dopo corsi di formazione sulle materie inerenti salute e sicurezza.

E così facendo, restituiremmo dignità alla scuola pubblica con laboratori e palestre attrezzate, con tecnici di impresa chiamati a interagire con il personale docente senza togliere ore a tutte quelle materie che non sono inutili ma vitali per costruire coscienze e conoscenze tra le giovani generazioni.



28/01/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Federico Giusti

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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