Il popolo di sinistra e le alleanze di classe

Poiché su questo importante argomento il nostro collettivo politico ha una visione plurale, abbiamo deciso di dare spazio alle posizioni di singoli compagni, per stimolare un dibattito che parta dai diversi punti di vista e sensibilità.

Se non si vuole accettare la vocazione minoritaria che hanno oggi i puristi ortodossi della sinistra di classe in Italia, bisognerebbe considerare in maniera più dialettica le prospettive che si aprono dopo che il popolo di sinistra si è mobilitato per impedire una ulteriore svolta a destra del Pd e per aprire alla possibilità di un riposizionamento, almeno moderatamente di sinistra, dei democratici italiani.


Il popolo di sinistra e le alleanze di classe

Dopo una serie catastrofica di sconfitte, la sinistra italiana è riuscita a portare a casa un importante successo, con l’imprevista e netta sconfitta dell’ala destra renziana del Pd, che sembrava destinata a portare definitivamente a destra il Partito Democratico. Il protagonista assoluto della vittoria è stato certamente il popolo di sinistra che, finalmente, ha manifestato apertamente tutto il proprio dissenso nei confronti, in primo luogo, dell’attuale Partito Democratico che, nelle primarie al proprio interno aveva dato un’ampia maggioranza a Bonaccini, cioè all’ala renziana e liquidazionista del Pd. In secondo luogo la significativa partecipazione al voto di molti elettori che non avrebbero votato il Pd se non avesse vinto Schlein o che addirittura non lo voterebbero comunque, dimostra come il popolo della sinistra sia anche stufo e abbia perso fiducia nel Movimento 5 Stelle che, per mantenere la propria origine qualunquista, continua a dichiararsi né di destra né di sinistra, pensando di prendere comunque i voti della sinistra, senza occupare quella prateria che si è aperta alla sinistra del Pd. In terzo luogo il popolo di sinistra andando a votare massicciamente per Schlein ha dimostrato anche di non poterne più delle forze a sinistra del Pd, che si dividono fra chi mira a fare da cespuglio, necessario per coprire a sinistra un partito che si è sempre più spostato su posizioni liberali e liberiste, e chi continua ad arroccarsi su posizioni settarie, sentendosi più sicuro rintanandosi in una riserva, da cui sembra aver paura di uscire, per non perdere la propria identità sempre più residuale e con vocazione minoritaria.

Naturalmente Schlein è certamente, al momento, inadeguata a guidare il popolo della sinistra. Dopo aver fatto per anni il cespuglio per coprire a sinistra Bonaccini, fra i più accesi sostenitori della secessione dei ricchi, e dopo aver sbandierato il suo essere una nativa democratica, si trova ora a dover in qualche modo provare a riempire questa prateria che si è spalancata a sinistra del Pd, sino a ora guidato dal draghiano Letta.

Naturalmente l’esito più auspicabile sarebbe la trasformazione del Pd in una forza socialdemocratica o laburista con una base di massa, una forza politica del tutto assente ormai da anni nello sconfortante panorama politico italiano. Naturalmente non sarebbe questa la soluzione ai problemi della sinistra e del nostro paese, visto che anche i più accesi sostenitori di questa linea politica nel Pd come Provenzano si sono precipitati a dire che l’attuale spostamento a sinistra del partito non modificherà la politica estera filoatlantista. Del resto il posizionamento come alla sinistra dell’imperialismo è da tempo predominante nella socialdemocrazia e nel laburismo, da lungo tempo corrotti dall’aristocrazia operaia, con cui il capitalismo in crisi ha esorcizzato la paura per la rivoluzione in occidente. Peraltro, come ancora Provenzano ha ricordato, Schlein non ha mai fatto mancare il suo voto a favore dell’invio delle armi all’Ucraina e dell’embargo alla Russia.

Detto questo, un partito laburista o socialdemocratico permetterebbe ai comunisti residuali di riorganizzarsi come frazione all’interno di un partito riformista di sinistra con basi di massa. Purtroppo la formazione politica e ideologica di Schlein la rendono del tutto inadeguata a guidare questa metamorfosi di sinistra del Partito Democratico.

D’altra parte non è nemmeno probabile che l’esito della vittoria della Schlein possa portare il Partito Democratico a trasformarsi in un partito ecologista con una base di massa come quello tedesco. Anche perché questa posizione ideologica, pronta ad allearsi con chiunque pur di governare in nome del superamento della dicotomia destra-sinistra, è stata già occupata dal Movimento 5 Stelle. Inoltre il popolo di sinistra, da cui dipende il successo di Schlein, non accetterebbe la prospettiva di un’alleanza con le forze della destra xenofoba. Anzi, la novità più significativa dell’exploit del popolo di sinistra, è che Schlein ha dovuto da subito interpretare la parte di una opposizione intransigente al governo più di destra italiano dai tempi di Mussolini.

Naturalmente si tratta di un decisivo passo in avanti, dal momento che finalmente è stato occupata quella prateria che si era creata per la mancanza di un’opposizione di massa al governo Meloni. Certo, un’opposizione guidata da Schlein, non potrà che mirare all’alternanza rispetto al governo delle destre e non a una reale alternativa, d’altra parte l’esistenza di una potenziale opposizione di massa non può che rincuorare i comunisti residui, che rischiano di essere asfaltati da un governo programmaticamente anticomunista.

Escludendo quindi l’opzione migliore, laburista-socialdemocratica e l’opzione peggiore, l’ambientalista alla tedesca, l’opzione più verosimile potrebbe essere lo spostamento del Pd sulle posizioni del Partito Democratico statunitense, una realtà alla quale, del resto, Schlein ha da sempre fatto riferimento, andando per ben due volte a fare campagna elettorale per Obama. Del resto forse proprio Obama è il politico che più potrà divenire un punto di riferimento per Schlein. Ora tra le enormi nefandezze prodotte dal Partito Democratico guidato da Obama vi è da menzionare almeno un punto di significativo avanzamento rispetto al Pd italiano, cioè la possibilità che ha garantito di presentarsi come indipendente fra le sue fila a un parlamentare socialista come Sanders, che è riuscito a sconfiggere nel voto popolare nelle primarie per le presidenziali il candidato dell’establishment Hillary Clinton e avrebbe, secondo i sondaggi, quasi certamente sconfitto Trump, divenendo così il primo presidente della storia degli Usa di “sinistra”. Inoltre il fenomeno Sanders, ha portato una corrente di socialisti democratici ad affermarsi anche a livello elettorale, facendo di fatto entrismo nel Partito Democratico. In tal modo, dopo un lunghissimo periodo in cui il termine stesso di socialismo era assolutamente tabù nel paese della caccia alle streghe, tale concezione è tornata a esercitare un indubbio fascino fra gli elettori più giovani e subalterni.

Uno scenario del genere potrebbe aprirsi anche in Italia. Certo sappiamo bene i limiti dell’esperimento statunitense, tutte le forze non socialiste del Partito democratico hanno fatto blocco per consentire a Biden, grazie al determinante voto degli afroamericani, di avere nelle primarie la possibilità di sconfiggere il “socialista” Sanders anche nel voto popolare. 

Certo, come hanno sostenuto a ragione i compagni statunitensi, Biden ha salvato gli Stati Uniti, anche se rischia di mandare in rovina il mondo intero. Inoltre la sinistra interna o esterna al Partito democratico risulta arretrata proprio sulle decisive questioni internazionali.

Dunque non c’è al momento da aspettarsi molto da questo punto di vista, a meno che non ci sia una consistente spinta da parte del popolo di sinistra affinché si rimetta in questione la posizione ultra atlantista da tempo assunta dal Pd.

Certo, si dirà, c’è voluto tantissimo tempo e tante lotte interne affinché la sinistra di classe si emancipasse dalle alleanze con un Pd attestato su posizioni liberali e liberiste. Ciò non toglie che nella mobilitazione e nella opposizione contro il governo di destra non solo sia essenziale la partecipazione del popolo della sinistra, ma anche dei sinceri democratici ancora iscritti al Pd o che potrebbero entrare a farvi parte dopo la vittoria di Schlein, tanto più se anche quest’ultima fosse portata a partecipare a importanti mobilitazioni contro il fascismo e il governo di destra come quella che si è svolta a Firenze

Del resto, al momento, il problema non sembra porsi, non essendo all’ordine del giorno possibili alleanze di governo. Tanto più che anche in prospettiva bisognerà vedere che sviluppi avrà il Pd. Nel caso, assai improbabile, di uno sviluppo in senso socialista la questione delle alleanze non potrebbe essere più a priori un tabù, considerato che recentemente o ancora ora i partiti comunisti portoghese, francese e spagnolo e forze di sinistra radicale come Il blocco di sinistra in Portogallo, la France Insoumise di Mélenchon e Podemos si sono alleati, tatticamente, con i partiti socialisti dei loro paesi. Anche se, naturalmente, sarebbe necessario fare un bilancio di tali alleanze, distinguendo anche le alleanze in cui è egemone la sinistra radicale come in Francia, da quelle in cui è egemone la sinistra moderata come in Portogallo e in Spagna. Nel caso assai improbabile di uno sviluppo in senso laburista del Pd, se non ci fosse la possibilità di sviluppare una opzione radicale con basi di massa in modo autonomo, l’esperienza entrista praticata con successo per un certo periodo di tempo da radicali come Corbyn in Gran Bretagna potrebbe essere presa in considerazione. Infine, anche nel caso più probabile in cui il Pd si sviluppasse nel senso del recente Partito democratico statunitense, nell’infausto caso in cui fosse di fatto impossibile poter utilizzare in senso leninista le istituzioni borghesi, anche l’opzione Sanders, cioè una candidatura indipendente di un socialista con il partito democratico non sarebbe da scartare a priori, come nell’impossibilità di creare una sinistra alternativa con una base minimamente di massa, anche l’opzione entrista dei socialisti democratici statunitensi andrebbe tenuta in una qualche considerazione. 

Del resto, per quanto riguarda la necessità di alleanze tattiche non ortodosse, anche al di fuori dell’Unione europea abbiamo molteplici esempi, per quanto discutibili, dalla componente maggioritaria dei comunisti russi, disponibili a sostenere lo sforzo bellico del proprio paese, persino sotto la direzione di un partito borghese e di fatto anticomunista come Russia unita di Putin, o l’appoggio di parte significativa dei comunisti siriani e biellorussi ai regimi oggettivamente antimperialisti dei loro paesi, pur con tutti i loro evidenti limiti. A livello di politica internazionale ci sono diversi compagni che considerano decisive le alleanze tattiche con forze sostanzialmente di destra come il governo russo o, persino, con il governo nazionalista di destra indiano, in quanto i Brics – persino quando al governo in Brasile vi era Bolsonaro – sarebbero l’unica alternativa, al momento, al dominio unipolare della Nato.

Certo si possono bollare come revisioniste tutte queste forme di alleanza di classe non ortodosse, a partire da quella di governo della sinistra di classe portoghese con il Partito Socialista egemone, per arrivare alla maggioranza dei comunisti russi e ucraini disponibili al momento a sostenere lo sforzo bellico della Russia putiniana, in quanto in lotta contro il nemico globale principale che sarebbe costituito dalla Nato. In una prospettiva purista e ortodossa la stessa alleanza di Mélenchon con i socialisti francesi, pur da posizioni egemoni, per non parlare delle posizioni decisamente opportuniste della stessa maggioranza della France Insoumise nei riguardi della guerra in Ucraina, fino ad arrivare alla maggioranza delle sinistre di classe italiane che hanno dato vita a una formazione egemonizzata, sin dal nome e dal simbolo, da forze piccolo borghesi come quelle capitanate da De Magistris, ex esponente dell’Italia dei Valori, sarebbero da condannare senza remore. Per non parlare delle forze radicali che hanno portato o portano tutt’ora avanti una prospettiva entrista nel movimento, di fondo qualunquista e piccolo borghese, dei Cinque stelle o si presentano alle elezioni insieme a forze sovraniste e antieuropeiste fondamentalmente di destra. Al contrario se tutte queste esperienze debbono invece essere, in maniera più dialettica, prese sul serio e considerate comunque con attenzione, anche per criticarle, non si capisce perché la stessa attitudine non bisognerebbe averla nei riguardi di quella parte significativa del popolo di sinistra che ha deciso di sporcarsi le mani per non abbandonare definitivamente ai liberali un partito ancora con una base almeno potenzialmente di massa come il Pd.

Più in generale, al di là di alchimie elettoralistiche, al momento del tutto ipotetiche, la questione determinante resta la capacità o meno di poter mettere in movimento, ai fini del rilancio del conflitto sociale a tutti i livelli, di una base di massa di cui attualmente una componente determinante sembra costituita proprio dal popolo di sinistra. Perciò non si può assumere una posizione puramente nichilista dinanzi a fenomeni significativi come le manifestazioni pacifiste contro la guerra prodottesi in Italia o verso la mobilitazione alle primarie del Pd per sconfiggere il candidato renziano e per premiare una candidata che si presentava, pur con tutti i suoi limiti e ambiguità, come la possibilità di imporre una svolta a sinistra a quelle forze che di fatto, dallo scioglimento del Pci in poi, hanno prodotto quasi esclusivamente svolte a destra. Naturalmente se si fosse in grado di realizzare manifestazioni contro la guerra di massa, senza dover accettare le prospettive cerchiobottiste della Cgil o dei cattolici, e se si riuscisse a mettere in piedi una opposizione di massa al governo, in maniera alternativa al Pd sotto la direzione di Schlein, tutto questo ragionamento sarebbe decisamente meno drammaticamente urgente. D’altra parte le linee puriste e ortodosse della sinistra radicale nel nostro paese non sembrano, negli ultimi tempi, riuscite ad avere una capacità di mobilitazione di massa.

10/03/2023 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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