Chi viola i trattati sull’armamento nucleare?

Come al solito gli Stati Uniti accusano e gli fanno eco i mass media, ma sono sempre i primi a violare i trattati.


Chi viola i trattati sull’armamento nucleare?

Chi avesse voglia di leggere di tanto in tanto il Bulletin of the Atomic Scientists, che si può ricevere nella propria posta elettronica, potrà scoprire che, se la Russia ha violato il Trattato sulle Forze nucleari intermedie (INF) [1] (fatto finora non provato), è assai probabile che gli Stati Uniti abbiano fatto altrettanto. Naturalmente il primo aspetto è stato sottolineato con forza dai mass media occidentali dopo la dichiarazione di Pence e poi di Trump di non voler più rispettare tale trattato, mentre - mi pare - in Italia solo Manlio Dinucci, profondo esperto nell’ambito degli armamenti, ha analizzato a fondo la questione, ma il video della sua intervista è stato ad oggi visualizzato solo da 3.997 persone.

Per questa ragione, pur non essendo specialista della materia, mi sembra importante tornare su questo tema, riportando i contenuti dell’articolo pubblicato dal su menzionato bollettino e il cui autore ha tutti i requisiti per trattare con competenza questi argomenti, ed inoltre, non può essere accusato di pregiudizi anti-americani.

L’articolo cui mi riferisco è intitolato “Russia may have violated the INF Treaty. Here’s how the United States appears have done the same” (La Russia potrebbe aver violato il trattato INF. Ecco come gli Stati Uniti avrebbero fatto lo stesso),ed è stato pubblicato il 14 febbraio 2019. Il suo autore è Theodore A. Postol, fisico, professore emerito al MIT (Massachusetts Institute of Technology); il Bulletin of the Atomic Scientists costituisce una pubblicazione digitale, certo di non facile lettura, elaborata all’Università di Chicago con lo scopo di “fornire informazioni a sostegno di politiche che contrastino le minacce alla vita umana prodotte dallo stesso uomo” (io direi dall’imperialismo) come la guerra nucleare, il cambio climatico, lo sviluppo di tecnologie distruttive. Minacce che ahimè si sono fatte sempre più incombenti.

Il bollettino è famoso per il suo Doomsday Clock (l’Orologio dell’Apocalisse), inventato dagli stessi scienziati dell’Università di Chicago nel 1947 con lo scopo di misurare la distanza temporale che ci separa da una probabile catastrofe planetaria. A loro parere la politica di guerra e l’inasprirsi del problema climatico hanno fatto sì che attualmente ci troviamo solo a due minuti da questo sciagurato evento, di cui assai pochi sembrano preoccuparsi. Negli ultimi decenni solo all’epoca della caduta del muro di Berlino, quando i più si illudevano che qualcosa sarebbe cambiato nelle relazioni internazionali, le lancette si allontanarono dalla mezzanotte, identificata con la catastrofe, di 10 minuti.

Scrive il Prof. Postol che nel settembre del 2009 Obama e l’allora segretario della Difesa Robert Gates decisero di dare alla protezione dell’Europa un nuovo orientamento, installando in tre fasi nel continente un nuovo sistema di difesa missilistica, chiamato EPAA (Aegis based European Phased Adaptive Approach) [2]. In base a questa decisione, a partire dal 2011, la Nato ha piazzato intercettori di gittata media e intermedia (tra 500 e 5.500 km) nelle navi del Baltico e del Mediterraneo, impiegati abitualmente dalla marina statunitense; mentre la versione terrestre degli intercettori è stata posta in Polonia e in Romania. In Germania, in Turchia, nella Repubblica ceca sono state costruite basi radar, fornite di antenne piatte a scansione elettronica molto precise e costose in grado di individuare e di inseguire rapidamente i probabili bersagli. Il cuore di questo sistema, il cui obiettivo sarebbero i temuti missili iraniani di media gittata lanciati contro l’Europa, è rappresentato dall’intercettore SM-3, impiegato da Stati Uniti e Giappone, successivamente potenziato, capace di distruggere un bersaglio proveniente ad alta velocità.

Dati precisi alla mano, il Prof. Postol ci spiega come il reale obiettivo di tale decisione strategica sia invece la Russia; del resto, la cosa è evidente ma è bene conoscere a fondo il contesto per contrastare in maniera accurata la disgustosa e continua demonizzazione della Russia, con lo scopo surrettizio di attribuire agli Stati Uniti e all’Europa il ruolo dell’agnellino che rischia di essere preda delle feroci fauci del lupo cattivo (o forse in questo caso del grande orso russo).

Scrive Postol che gli occidentali hanno accusato la Russia, che ha denunciato la capacità offensiva nei suoi confronti del nuovo sistema di difesa missilistica statunitense, di fare solo della retorica; invece, a suo parere, sono disponibili informazioni, dalle quali si può ricavare che i sistemi statunitensi basati su Aegis, se equipaggiati con missili da crociera (ossia con traiettoria guidata), violerebbero veramente il trattato INF. Inoltre, osserva lo scienziato statunitense, i campi di rilevamento dei radar Aegis nel sito polacco sono poco estesi e gli intercettori troppo lenti perché siano nelle condizioni di abbattere quelli che gli Stati Uniti indicano pretestuosamente come loro obiettivi, i già menzionati missili a lungo raggio lanciati dal pericoloso e aborrito Iran.

Pertanto, conclude Postol, i sistemi Aegis sarebbero sostanzialmente inutili a contrastare un supposto attacco iraniano. Come se ciò non bastasse, tali sistemi, collocati nell’Europa orientale, hanno caratteristiche che li rendono pericolosi in modo particolare per la Russia: i componenti meccanici ed elettronici installati nei siti polacchi e rumeni sono identici a quelli di cui sono dotate le navi statunitensi, progettate per lanciare sia missili anti-aerei che missili da crociera. Queste caratteristiche fanno sì che essi costituiscano una minaccia incombente per la Russia, che può concretarsi nell’attacco portato da missili da crociera convenzionali o nucleari esplicitamente vietati dall’INF.

Entrando più nello specifico, a parere di Postol, la dichiarazione del Dipartimento di Stato del dicembre 2017 - secondo cui il sistema Aegis installato a terra non avrebbe il software, l’hardware antincendio, né le infrastrutture necessarie per scagliare missili balistici o da crociera come il Tomahawk - sarebbe del tutto priva di fondamento. E ciò perché il sistema Aegis a terra è progettato per essere assai flessibile e per indirizzare più tipi di missili. Questa flessibilità consente a tale sistema collocato nell’Europa orientale di operare con vari tipi di missili compresi quelli da crociera dotati di armi nucleari; per esempio, un Tomahawk potenziato potrebbe essere impiegato per un attacco nucleare contro obiettivi russi. Ed è proprio ciò che la Russia a ragione teme e denuncia come violazione del Trattato INF.

A tali considerazioni dobbiamo aggiungere quanto scriveva Manlio Dinucci sul Manifesto del 2 febbraio 2019, sottolineando l’importanza del fattore geografico: “mentre un missile nucleare Usa a raggio intermedio, schierato in Europa, può colpire Mosca, un analogo missile schierato dalla Russia sul proprio territorio può colpire le capitali europee, ma non Washington”. Ciò significa – afferma sempre Dinucci – che, per le sue installazioni strategiche e per la presenza di bombe nucleari sul suo territorio, l’Italia si trova oggi in prima linea, in particolare tenendo conto che un missile balistico nucleare impiega dai 6 agli 11 minuti per raggiungere il proprio bersaglio. Pertanto, né il parlamento né gli Stati maggiori avranno il tempo per decidere sul da farsi in questa sciagurata congiuntura, a cui potranno rispondere solo i sistemi automatici computerizzati.

Naturalmente da ciò si ricava che cinicamente gli Stati Uniti non si preoccupano dei loro alleati, la cui popolazione sarebbe sottoposta a questi attacchi distruttivi come risposta alle azioni statunitensi per il solo fatto che i nostri territori ospitano basi statunitensi e stazioni radar con il loro equipaggiamento nucleare, ma unicamente di mantenere la loro supremazia mondiale, messa sempre più a rischio dal consolidarsi della Russia e della Cina anche sul piano militare. Quest’ultima non aveva firmato questo trattato e perciò è particolarmente temuta dagli Stati Uniti, nonostante la portavoce del suo Ministero degli esteri abbia invitato i dirigenti dell’ex super-potenza e pensare bene a quello che fanno, aggiungendo che la Cina continuerà nella sua politica di difesa nazionale.

Complice di questo ulteriore aumento di tensione è stata l’Unione Europea, i cui paesi nell’Assemblea delle Nazioni Unite dello scorso dicembre si sono supinamente accodati alle decisioni statunitensi, respingendo la mozione russa che chiedeva il mantenimento in vigore del Trattato. Su questa linea si è schierato anche il “governo del cambiamento” italiano, insieme all’invertebrata “opposizione”. Infatti, hanno tranquillamente ingoiato il rospo, senza chiedere né che si esprimesse il parlamento su tale cruciale questione né che l’Italia rispetti il Trattato di non proliferazione, per non aggiungere poi quello di proibizione delle armi nucleari proposto dall’Assemblea delle Nazioni Unite.

Del resto, perché meravigliarci? Sarebbe troppo chiedere a questa pericolosa e ridicola classe dirigente che l’Italia la smetta di fingere di essere una potenza strategica, contraddittoriamente subalterna e sottomessa ai suoi veri padroni.


Note

[1] Firmato nel 1987 da R. Reagan e M. Gorbaciov.
[2] Approccio adattivo in fasi basato sull’ Aegis Combat System. Aegis viene dal latino e significa scudo.

17/03/2019 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Alessandra Ciattini

Alessandra Ciattini insegna Antropologia culturale alla Sapienza. Ha studiato la riflessione sulla religione e ha fatto ricerca sul campo in America Latina. Ha pubblicato vari libri e articoli e fa parte dell’Associazione nazionale docenti universitari sostenitrice del ruolo pubblico e democratico dell’università.

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