Yemen golpe-pateracchio tra Presidente e ribelli

Con il palazzo presidenziale circondato dai ribelli, il governo si dimette. L’ex premier Bahah ha notificato le sue dimissioni su Facebook. Segno dei tempi. Poco dopo si è dimesso anche il presidente Mansour Hadi. Il parlamento ha però respinto le dimissioni del presidente. Partita incerta.


Yemen golpe-pateracchio tra Presidente e ribelli

Con il palazzo presidenziale circondato dai ribelli, il governo si dimette. L’ex premier Bahah ha notificato le sue dimissioni su Facebook. Segno dei tempi. Poco dopo si è dimesso anche il presidente Mansour Hadi. Il parlamento ha però respinto le dimissioni del presidente. Partita incerta. 

di Ennio Remondino 

Paese cardine tra Corno d'Africa e Penisola Araba, lo Yemen rischia di trasformarsi in una nuova Somalia. 

L’esecutivo presieduto dal premier Khaled Bahah ha presentato le dimissioni al presidente yemenita Mansour Hadi. Il governo di Bahah era stato formato il novembre scorso come parte dell’accordo di “pace”, sponsorizzato dalle Nazioni Unite, fra il governo e i miliziani sciiti Houthi, che da settembre hanno il controllo su quasi tutta la capitale Sanaa. Bahah annuncia le sue dimissioni su Facebook. Lo segue il presidente Abed Rabbo Mansour Hadi. Il parlamento ha però respinto le dimissioni del presidente e ha convocato per domani una sessione speciale. Oltre il caos locale o timori strategici. 

Dopo aver conquistato la capitale Sanaa con un golpe quasi incruento nel settembre scorso, i ribelli guidati dal 33enne Abdel Malek Huthi, figlio del fondatore del gruppo armato, hanno via via alzato il livello dello scontro. Prima rapiti alcuni consiglieri del presidente, poi è stata attaccata la vecchia sede del palazzo presidenziale con importanti depositi di armi. Lo Yemen rischia di trasformarsi in una nuova Somalia. Stretto tra un’insurrezione dietro cui alcuni vedono lo spettro iraniano, e il rafforzamento militare e ideologico del jihadismo dello Stato islamico ora vincente in Iraq e Siria. 

Dall’altra parte del Paese, nel sud indipendentista e ostile agli Huthi, chiuso l’aeroporto civile e il porto commerciale “in segno di protesta contro il golpe”. Sul terreno il timore è di un inasprimento del conflitto con l’entrata in scena su larga scala di qaedisti e jihadisti del centro e dell’est del Paese. Oscurata dall’avanzata dell’Isis, l’ala yemenita di al Qaida aspetta da tempo l’occasione per rilanciare la propria immagine. In tal senso, dal pulpito qaedista yemenita era giunta la rivendicazione nei giorni scorsi dell’attentato di Parigi contro Charlie Hebdo. Un modo scoperto per farsi protagonisti. 

Gli Huthi, che per otto anni si sono fatti la guerra con l’ex presidente Saleh, anch’egli della setta religiosa zaidita (sciita), sono ora strumentalmente sostenuti proprio dall’ex raìs Saleh, deposto due anni fa sull’onda delle proteste popolari scoppiate in varie aree del mondo arabo. Saleh spera ora di rientrare sulla scena politica, presentandosi agli Usa, ai sauditi e all’Iran come l’unico in grado di riportare l’ordine e sfidare il terrorismo jihadista. 

Partita a rischio per il Paese più povero della penisola arabica dove il petrolio che è ovunque, è stato trovato, molto poco, e solo recentemente. 

remocontro

 

25/01/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Ennio Remondino

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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