Il secondo Heidegger (videolezione)

Proseguiamo con la pubblicazione delle videolezioni del corso La distruzione della ragione: per la critica delle ideologie filosofiche moderne e contemporanee conservatrici e reazionarie tenuto dal prof. Renato Caputo per l’Università popolare A. Gramsci.


Le masse popolari hanno iniziato a sviluppare progressivamente un’autonoma visione del mondo e di conseguenza hanno iniziato a svolgere un’azione autonoma sul piano storico-politico. Ciò non poteva che allarmare sempre più la grande borghesia al potere, anche perché alcuni intellettuali della piccola borghesia, tenuta a un livello molto subordinato nel blocco sociale dominante, cominciavano a dare manforte al proletariato. Si trattava perciò di sviluppare, da parte dei nuovi intellettuali borghesi, ormai parte integrante della nuova classe dominante, una nuova visione del mondo, a partire proprio dalla critica degli aspetti rivoluzionari della loro precedente visione del mondo. Immediatamente dopo si sviluppa fra la borghesia intellettuale al potere una filosofia politica sempre più indirizzata in modo diretto o indiretto a contrastare la costituente visione del mondo proletaria, che potrà considerarsi definita grazie all’opera di Marx ed Engels. Perciò la successiva visione del mondo borghese si orienterà sempre di più, in modo diretto o indiretto, a contrastare il marxismo.

In seguito al progressivo sviluppo in senso imperialistico delle società borghesi, in corrispondenza alle prime grandi crisi di sovrapproduzione, che lasciavano emergere in modo sempre più evidente le contraddizioni di fondo strutturali e insuperabili all’interno del modo di produzione capitalistico, gli intellettuali borghesi hanno sviluppato un’ideologia non più conservatrice, ma reazionaria, non più soltanto volta a contrastare il marxismo, ma in grado di contrattaccare. Da una parte portando alle estreme conseguenze il progressivo attacco all’universalismo della ragione, in corrispondenza alle esigenze di difendere dei privilegi sempre più enormi e ristretti nelle mani di pochi grandi monopolisti e, dunque, sempre più irrazionali, ingiusti, antieconomici e antisociali.

Mentre nell’epoca precedente era la borghesia, dal momento che il suo modello di società era più universale e progressivo di quello sempre più in crisi e decadente dell’ancien régime, a sviluppare una visione del mondo razionale o, quantomeno, razionalistica, nella fase attuale anche questa bandiera abbandonata dalla precedente classe universale è stata raccolta e fatta propria dal proletariato per l’elaborazione della propria visione del mondo.

Inoltre la crisi, restringendo i margini politici, costringe la classe dominante a un governo sempre più apertamente dittatoriale e totalitario, generalmente sul modello del cesarismo, poi bonapartismo regressivo. In tale fase anche l’ideologia e di conseguenza la visione politica e filosofica borghese dominante tende a divenire totalitaria.

Tale tendenza, che subisce una decisa battuta d’arresto dopo la sconfitta, a opera in primo luogo dei comunisti, della reazione nazifascista, intenzionata a rilanciare su scale internazionale un regime sostanzialmente schiavistico, la reazione borghese contro la diffusione a livello internazionale dell’ideologia proletaria si riorganizza ben presto in funzione della guerra fredda. I principali intellettuali borghesi al servizio della classe dominante, di cui si sentono o aspirano a fare parte, come Popper, Von Hayek e H. Arendt partono al contrattacco tendendo a identificare nella pseudocategoria di totalitarismo il nazismo e il comunismo, aprendo così la strada al revisionismo storico che tende a giustificare il primo come reazione necessaria all’aggressività del secondo. In tal modo, queste tendenze antiemancipatorie mirano a far sì che la democrazia – quale visione del mondo della piccola-borghesia, che aveva accettato di fare fronte comune con il proletariato dinanzi all’aperta reazione nazifascista – divenisse una componente subordinata del blocco sociale dominante egemonizzato dal liberalismo. Così, se per un certo tempo la forza e l’avanzamento delle forze progressiste e rivoluzionarie – anche per il grande movimento antimperialista guidato dai paesi socialisti e paesi ex coloniali – aveva fatto sì che il socialismo riuscisse a egemonizzare la democrazia e, quest’ultima, in quanto socialdemocrazia a influenzare il liberalismo fino a mutarlo nella liberaldemocrazia, con la sostanziale conclusione di questo grande movimento di emancipazione nel corso degli anni settanta, sono le forze che si battono per la dis-emancipazione del genere umano a riprendere progressivamente l’egemonia sulla società civile.

Per continuare a leggere la presentazione del corso: vai al link: La distruzione della ragione.

Il Secondo Heidegger

Negli anni Quaranta e Cinquanta, Heidegger pare abbandonare il tentativo di fondare un’ontologia a partire da un’analisi dell’esistenza. Egli ritiene ormai il linguaggio della metafisica incapace di esprimere l’essere e la metafisica assume nel tardo Heidegger una connotazione negativa e con essa l’intero pensiero occidentale che non è stato in grado di cogliere l’essere al di là dell’ente, riducendolo o a un ente, o a un concetto generalissimo quale carattere comune di tutti gli enti. Secondo Heidegger la metafisica occidentale si è smarrita nel mondo dell’oggettività, degradandosi a conoscenza scientifica e tecnica e ha progressivamente obliato l’Essere.

Heidegger abbandona l’analitica esistenziale per l’essere nella sua autorivelazione

Perciò non si può comprendere l’essere interrogando un ente come l’uomo. Quindi Heidegger abbandona l’analitica esistenziale per affrontare l’essere stesso nella sua autorivelazione. Così al contrario di Hegel, che considera un passaggio decisivo quello dall’essere in quanto indeterminato uguale al nulla, all’essere determinato, con cui si apre sostanzialmente la storia della filosofia, Heidegger ritorna al puro essere dei più antichi pensatori greci come Parmenide, condannando come una perdita l’intera storia della filosofia e della cultura che da essi si è sviluppata. Tale decadenza è iniziata per Heidegger con Platone che, a differenza dei presocratici che avevano tenuto fermo che l’essere è l’essere e la verità il suo dis-velamento , avrebbe preteso di risalire al senso dell’essere dall’indagine degli enti. Tale errore avrebbe caratterizzato tutta la metafisica occidentale (che è nichilismo in quanto ha obliato l’essere) sino al nichilismo di Nietzsche. 

Aletheia versus rectitudo

Si tratta allora, secondo Heidegger, di liquidare la concezione “romana” e moderna della verità come rectitudo (pensiero calcolante e organizzazione del dominio dell’uomo sulla natura) per ricostruire l’aletheia della grecità originaria (la verità come disvelamento dell’essere). Lo stesso Nietzsche ora per Heidegger non è abbastanza radicale in quanto prospetta ancora una trasvalutazione dei valori, rimanendo legato a un’ottica umanista. Infatti Nietzsche ha ridotto l’essere a volontà di potenza (e quindi a volontà creatrice dell’uomo) che non riconosce alcun essere oltre se stessa. Lo smarrimento della differenza ontologica tra essere ed ente trova la sua incarnazione nella tecnica. Nietzsche è il profeta della tecnica, del dominio incondizionato dell’uomo sul mondo, da qui il suo genio e la sua contemporaneità, ma egli si muove ancora all’interno della metafisica, è il punto di arrivo del nichilismo. Perciò bisogna, secondo Heidegger, andare oltre Nietzsche.

La Kehre antiumanista

Heidegger è postmetafisico, egli sostiene la coappartenenza originaria di uomo e essere (ma l’essere è il soggetto, non l’uomo), sono coessenziali, l’uomo non è mai senza l’essere e l’essere non si dà mai senza l’uomo. Le conseguenze della svolta (Kehre) consistono in un antiumanesimo: l’uomo non è pensato come soggetto di iniziativa autonoma (indipendente), ma come luogo e tramite della rivelazione dell’essere (l’uomo è passivo). Per Heidegger l’umanismo è parte della metafisica perché subordina l’essere all’uomo, invece a suo avviso l’uomo esiste di volta in volta in orizzonti storico-culturali che precedono la sua progettualità cosciente. 

Il modo di essere dell’uomo storico dipende dall’invio destinale dell’essere

Per Sartre la storia è determinata da ciò che l’uomo fa, l’uomo non ha un’essenza determinata. Per Heidegger c’è invece il primato dell’essere, quindi il modo di essere dell’uomo storico dipende dall’invio destinale dell’essere. L’essere come storico accadere, come evento (Ereignis) che si dà in destini e parole chiave di volta in volta differenti. L’essere si dà sempre nella temporalità. Ogni epoca storica è una determinata manifestazione dell’essere e quindi un determinato destino storico. Perciò Heidegger parla di invio storico destinale dell’essere, intendendo l’essere come disvelamento, in quanto si rivela in determinate situazioni storiche.

08/01/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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