Nietzsche – videolezione

Proseguiamo con la pubblicazione delle videolezioni del corso La distruzione della ragione: per la critica delle ideologie filosofiche moderne e contemporanee conservatrici e reazionarie tenuto dal prof. Renato Caputo per l’Università popolare A. Gramsci.


Segue da: Da Spencer a Nietzsche: videolezione uscito sullo scorso numero de “La Città Futura”.

Link agli articoli pubblicati su questo giornale in cui sono approfonditi i temi affrontati nella videolezione: Nietzsche; Nietzsche II parte.

Muovendo da Lukács, sulla base di una analisi della storia del pensiero filosofico e politico dal punto di vista del materialismo storico e dialettico, cercheremo di mostrare come gli intellettuali borghesi, che dall’autunno del medioevo alla conquista del potere da parte della borghesia – con la rivoluzione industriale e la lunga rivoluzione francese 1789-1871 – avevano svolto una decisiva lotta progressista e rivoluzionaria dal punto di vista delle sovrastrutture contro aristocrazia, alto clero e, infine, assolutismo monarchico, una volta che la borghesia diviene stabilmente classe dominante, tendono a sviluppare posizioni sempre più conservatrici. Tale tendenza è accelerata e radicalizzata dal fatto che la borghesia per sconfiggere il vecchio blocco sociale costituito intorno alla monarchia assoluta da aristocrazia e altro clero ha dovuto costituire, nel corso dei secoli della sua lotta per il potere, un blocco sociale antagonista di cui dovevano far parte, in funzione subordinata le masse popolari, come indispensabile base di manovra per fronteggiare il monopolio della violenza legale da parte della classe dominante.

A questo scopo gli intellettuali borghesi, non essendoci ancora intellettuali organici alle classi popolari, nella loro lotta contro il potere e l’ideologia dominante avevano dovuto sviluppare un pensiero politico-filosofico in grado di mobilitare anche le masse popolari. Queste ultime, essendo per la prima volta dotate di strumenti intellettuali e partecipando per la prima volta da protagoniste ai grandi conflitti rivoluzionari, sebbene egemonizzate ancora dalla borghesia, non accettano poi di tornare a essere “la plebe sempre all’opra china senza ideali in cui sperar”. Non potendo più contare come prima sugli intellettuali borghesi, che li avevano anche spinte a insorgere, tenendole al contempo sempre sotto l’egemonia borghese, le masse popolari hanno cominciato a elaborare intellettuali a esse organici, di pari passo al progressivo sviluppo del moderno proletariato urbano.

In tal modo, le masse popolari hanno iniziato a sviluppare progressivamente un’autonoma visione del mondo e di conseguenza hanno iniziato a svolgere un’azione autonoma sul piano storico-politico. Ciò non poteva che allarmare sempre più la grande borghesia al potere, anche perché alcuni intellettuali della piccola borghesia, tenuta a un livello molto subordinato nel blocco sociale dominante, cominciavano a dare manforte al proletariato. Si trattava perciò di sviluppare, da parte dei nuovi intellettuali borghesi, ormai parte integrante della nuova classe dominante, una nuova visione del mondo, a partire proprio dalla critica degli aspetti rivoluzionari della loro precedente visione del mondo. Immediatamente dopo si sviluppa fra la borghesia intellettuale al potere una filosofia politica sempre più indirizzata in modo diretto o indiretto a contrastare la costituente visione del mondo proletaria, che potrà considerarsi definita grazie all’opera di Marx ed Engels. Perciò la successiva visione del mondo borghese si orienterà sempre di più, in modo diretto o indiretto, a contrastare il marxismo.

In seguito al progressivo sviluppo in senso imperialistico delle società borghesi, in corrispondenza alle prime grandi crisi di sovrapproduzione, che lasciavano emergere in modo sempre più evidente le contraddizioni di fondo strutturali e insuperabili all’interno del modo di produzione capitalistico, gli intellettuali borghesi hanno sviluppato un’ideologia non più conservatrice, ma reazionaria, non più soltanto volta a contrastare il marxismo, ma in grado di contrattaccare. Da una parte portando alle estreme conseguenze il progressivo attacco all’universalismo della ragione, in corrispondenza alle esigenze di difendere dei privilegi sempre più enormi e ristretti nelle mani di pochi grandi monopolisti e, dunque, sempre più irrazionali, ingiusti, antieconomici e antisociali.

Mentre nell’epoca precedente era la borghesia, dal momento che il suo modello di società era più universale e progressivo di quello sempre più in crisi e decadente dell’ancien régime, a sviluppare una visione del mondo razionale o, quantomeno, razionalistica, nella fase attuale anche questa bandiera abbandonata dalla precedente classe universale è stata raccolta e fatta propria dal proletariato per l’elaborazione della propria visione del mondo.

Per continuare a leggere la presentazione del corso: vai al link: La distruzione della ragione.

Il nome di Nietzsche è stato per lungo tempo associato al nazionalsocialismo. Questa lettura è stata in parte agevolata dall’operazione della sorella di Nietzsche Elisabeth, militante nazionalsocialista, che ha curato dopo la morte del fratello la prima edizione complessiva delle opere, che comprende anche i frammenti inediti scritti dall’1889 in poi, quando il pensatore è in preda alla follia, raggruppati in modo tematico e arbitrario sotto il titolo di La volontà di potenza [Der Wille zur Macht].

Con l’edizione critica delle opere di Nietzsche a cura di Colli e Montinari, pubblicata negli anni ’60-’70, che segue un ordine cronologico, alcuni equivoci sono stati chiariti. Se risulta troppo semplificatoria l’interpretazione di Nietzsche quale precursore del nazismo, non diviene però accettabile, a maggior ragione, la lettura che pretende di rendere questo pensatore addirittura un progressista, linea interpretativa che si è affermata negli ultimi decenni. Quest’ultima interpretazione ha pretesto di poter leggere Nietzsche in modo metaforico e innocente, esaltandone i motivi fascinosi e occultandone quelli decisamente ripugnanti per un progressista. Ciò, naturalmente, non significa tornare a interpretarlo come profeta del Terzo Reich, in quanto significherebbe astrarre dalla storia e della concezione materialistica di quest’ultima. La tragica grandezza del pensiero Nietzsche emerge solo se si riesce a intenderlo per ciò che realmente è, ovvero il più grande pensatore tra i reazionari moderni e il più grande reazionario tra i pensatori moderni.

1.1 La nascita della tragedia dallo spirito della musica, ovvero grecità e pessimismo

 Professore di lingua e letteratura greca presso l’università di Basilea, Nietzsche pubblica il suo primo libro (La nascita della tragedia, 1872) che incontra l’ostilità dei filologi (il grande Willamowitz lo stronca). Secondo Nietzsche in effetti, accanto alla visione idealizzata della grecità, caratterizzata dall’equilibrio, dalla moderazione, dalla serenità della dominante tradizione neoclassica, esisterebbe anche un’altra tradizione, quella orfico-dionisiaca, che costituirebbe l’aspetto occulto, inquietante della grecità e che emergerebbe nei riti orgiastici, in cui si esprimerebbe in modo esemplare il presunto pessimismo tragico dei greci.

Dal pessimismo di Schopenhauer all’accettazione della vita nella sua tragicità

Tale pessimismo sarebbe ben espresso secondo Nietzsche dal seguente mito: Re Mida insegue il satiro Marsia (che rappresenta la saggezza dionisiaca) per sapere qual è la cosa migliore per l’uomo. Il satiro non glielo vuole rivelare, ma re Mida insiste; messo alle strette il satiro afferma: “La cosa migliore per l’uomo è non essere mai nato, ma se nato morire al più presto”. In altri termini, dal mito emergerebbe che la vita è dolore – secondo la lezione di Schopenhauer – ma i greci, anche se consapevoli, accettano la vita nella sua realtà tragica e, su questo decisivo punto, Nietzsche già si distacca da Schopenhauer.

Apollineo e dionisiaco

I due elementi dello spirito greco, il classico e il tragico, vengono definiti rispettivamente da Nietzsche apollineo e dionisiaco. Il primo aspetto è proprio di una visione del mondo fondata sulla ragione e sull’autocontrollo che reprime il piacere e l’istinto, il secondo è l’esaltazione dell’entusiasmo per la vita fino all’ebbrezza e all’orgia. L’apollineo che rappresenta per Nietzsche una fuga dal divenire e dal dramma della vita, ossia un tentativo di sublimare il caos nella forma, trasformando l’assurdo in qualcosa di definito e armonico, capace di rendere accettabile la vita, si esprime artisticamente nelle forme armoniche della scultura classica. Il dionisiaco sorgerebbe dalla forza vitale e dalla partecipazione al divenire, ovvero al dramma della vita e della morte, agli aspetti orribili dell’essere e si esprimerebbe nell’esaltazione creatrice della musica. Da notare l’influenza di Schopenhauer: l’apollineo che si esprime nelle arti figurative rimanda alla rappresentazione, al fenomeno, a ciò che è visibile, che si manifesta; il dionisiaco, che deriva dal corpo e coglie gli aspetti nascosti dell’essere, rappresenta la volontà. Nietzsche riprende da Schopenhauer il carattere doloroso dell’essere, ma ne respinge la soluzione ascetica, in quanto non è conservatore come Schopenhauer, ma reazionario, fautore di una violenta lotta contro il mondo moderno nel suo complesso. Prosegui la lettura dell’articolo al link: https://www.lacittafutura.it/cultura/la-distruzione-della-ragione.

12/12/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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