Film e serie da non perdere 2022

Brevi e militanti recensioni di classe ai film e alle serie tv da non perdere distribuite in Italia nel 2022 al cinema, in streaming e in retrospettive.


Film e serie da non perdere 2022

Il capo perfetto di Fernando Leon De Aranoa, con Javier Bardem, commedia, Spagna 2021, mattatore ai premi Goya, candidato in praticamente tutte le categorie, ha vinto il premio di miglior film, regista, sceneggiatura, montaggio, miglior attore, etc., vincitore come miglior commedia agli Oscar europei, nomination miglior film straniero ai satellite awards, in tv su Skycinema2, voto: 7,5. Ottimo film di denuncia del paternalismo viscido e infame dei padroni dal presunto volto umano. Il film svela in modo molto efficace e realistico la vera natura necessaria del padronato. Peccato che in questa efficacissima tragicommedia manchi la necessaria catarsi.

La notte del 12 di Dominik Moll, thriller, Francia 2022, voto: 7,5; ancora un bel film francese che tocca delle tematiche sostanziali. Gli intellettuali francesi e, in particolare, i registi dimostrano ancora una volta di essere decisamente più avanzati dei colleghi italiani. Non deve quindi stupire la condizione socio-politica della Francia anch’essa decisamente più avanzata della catastrofica situazione italiana. Il film stravolge finalmente la solita logica reazionaria del genere thriller, poliziesco, giallo, noir, non c’è l’eccezione del criminale da eliminare o arrestare da parte di un sistema buono, impersonato dagli apparati repressivi dello Stato, ma sono il machismo e il patriarcato ancora dominanti nella società capitalista a essere messi sotto accusa. La questione non è tanto, quindi, di individuare un colpevole particolare, ma di mettere sotto accusa l’attitudine violenta dell’uomo verso la donna e un sistema e un apparato repressivo quasi completamente controllato da maschi, che finiscono, in modo più o meno consapevole, per trasferire almeno una parte della colpa dal criminale alla vittima. Peccato che non si critichi a sufficienza la tendenza degli apparati repressivi dello Stato a incriminare ogni sospettato, cercando d’incastrarlo, piuttosto che ricercare quantomeno il reale colpevole e magari anche il diretto o indiretto mandante.

Le Buone stelle – Broker di Kore Eda Hirokazu, drammatico, Corea del sud, Giappone 2022, voto: 7,5; film certamente godibile e che lascia non poco da pensare agli spettatori sulle condizioni sociali alla base dei crimini. Anche l’idea di rivoluzionare la famiglia tradizionale resta molto significativa. Peccato per la conclusione, in cui non manca certo la catarsi, ma appare del tutto inverosimile il ruolo di deus ex machina svolto dagli apparati repressivi dello Stato

Gli occhi di Tammy Faye di Michael Showalter, biografico, drammatico, Usa 2021, premio Oscar alla migliore attrice protagonista Jessica Chastain, voto: 7,5; film molto interessante sulla vicenda di due fondamentalisti evangelici che, dal nulla, hanno messo in piedi la trasmissione religiosa televisiva più seguita al mondo. Al di là del quadro realistico del “fondamentalismo reale” presente nella società statunitense, di come la religione evangelica sia strettissimamente connessa con lo spirito del capitalismo, del potere dei mass media, dei legami stretti fra sette religiose e destra repubblicana, emerge dal film la profonda corruzione, la cinica spietatezza con cui i telepredicatori ingannano il loro povero e ignorante pubblico, per derubarlo il più possibile e per poter vivere nel più sfrenato e pacchiano lusso. Molto significativo è come dietro al moralismo e alla omofobia dei fondamentalisti cristiani possano celarsi dei “predatori sessuali” omosessuali. Peccato che il tutto sia raccontato, senza nessun effetto di straniamento, dal punto di vista necessariamente distorto di una delle tele predicatrici, con cui la parte più ampia e meno consapevole del pubblico è portata a impersonarsi.

Avatar Extended Collector's Edition di James Cameron, fantascienza, Usa, Gran Bretagna 2009, voto: 7,5. Poco prima dell’uscita della seconda parte, è stata riproposta nelle sale, lodevolmente, la prima parte essendo ormai passati più di tredici anni. Per essere il film campione d’incassi di tutti i tempi, si tratta davvero di un prodotto notevole. Riesce ad assicurare godimento estetico, lasciando molto su cui riflettere allo spettatore, sulla sempre più centrale questione ambientale, sull’estrattivismo, sulle lotte di liberazione antimperialiste, sulla sempre più stretta connessione fra capitale finanziario e apparato militare. Il film costituisce una nettissima condanna di quest’ultima connessione, mentre prende coraggiosamente le difese dei popoli oppressi. Resta il limite di presentare i marines come qualcosa di positivo quando combattevano contro i paesi “canaglia” – a tal proposito si allude al Venezuela – mentre diverrebbero cattivi quando passerebbero a operare al servizio del capitale finanziario. Ciò non fa che confermare il dato di fatto che sulla politica estera, nell’America del nord, anche le voci più alternative tendono ad allinearsi al pensiero unico dominante. Inoltre non manca, purtroppo, la ormai consueta nota dell’ambientalismo reazionario, con l’esaltazione romantica e postmoderna delle popolazioni “primitive”. Abbiamo, dunque, al solito, una soluzione ai grandi problemi della nostra epoca in senso reazionario e distopico, cioè l’impossibile ritorno al rapporto primigenio fra uomo e natura, pur di non indagare una possibile soluzione in senso progressista, ossia in senso socialista.

Il servo di Joseph Losey, drammatico, Gran Bretagna 1963, voto: 7,5; grande classico del cinema ripresentato in versione restaurata in prima visione, non tradisce le aspettative. Il film è dal punto di vista formale decisamente impeccabile. Il contenuto è significativo, anche se nella società capitalista il rapporto fra servo e signore ha perduto la centralità che aveva nelle società precedenti. Così, più che un superamento del servo nei confronti del signore, abbiamo piuttosto la messinscena della reciproca rovina delle classi in lotta. Al solito, nel cinema dei grandi registi borghesi abbiamo una significativa critica sociale, ma una scarsa prospettiva di superamento dialettico della società esistente, che rende tali opere prive di catarsi e, quindi, delle tragedie insoddisfacenti, che lasciano con l’amaro in bocca lo spettatore.

Ennio di Giuseppe Tornatore, documentario, Italia, Belgio, Cina e Giappone 2021, 6 candidature ai David di Donatello, tra cui miglior film e miglior regia, voto: 7+; il meno quotato ma, presumibilmente, il più meritevole alla vittoria del premio non solo per la miglior regia, ma per il miglior film italiano. Del resto si tratta del film migliore, o quantomeno meno peggio, tra i film italiani che abbiamo avuto modo di vedere quest’anno. Il film riesce a essere interessante, emozionante, ottimamente orchestrato e a lasciare anche qualcosa di significativo su cui riflettere allo spettatore. Anche perché, intelligentemente, ci si concentra e si documenta più l’opera che il suo artefice. In tal modo anche i non addetti ai lavori ampliano la loro conoscenza musicale e la capacità di godimento estetico. Il film porta inoltre a ragionare sulla necessità di trovare il giusto equilibrio fra l’esigenza per l’intellettuale di mantenere una connessione sentimentale con il proprio popolo, la necessità per chi non è ricco di famiglia di mantenersi con il proprio lavoro e l’esigenza di non svendere e ridurre a merce l’arte, introducendo a tutti i livelli elementi di complessità nelle composizioni anche le più mercificate. D’altra parte, purtroppo, non si analizza adeguatamente in Ennio come questo valido compromesso, che ha reso grande l’opera di Morricone, derivi anche da un certo opportunismo e da una capacità camaleontica di tenere insieme il diavolo e l’acqua santa, tipica del democristiano del tempo che, naturalmente, non era né particolarmente democratico, né particolarmente cristiano.

Four Good Days di Rodrigo García, drammatico, Usa 2020, candidato ai premi Oscar per la miglior canzone: Somehow You Do, voto: 7+. Bel film realista sul dramma della dipendenza da eroina e sui difficilissimi tentativi di uscirne. Il film scava a fondo nei rapporti psicologici all’interno del gruppo familiare, che rischiano di essere costantemente travolti da questo dramma. Notevole l’interpretazione delle attrici protagoniste e, in particolare, di Glenn Close. Significativa anche la denuncia di come sia lo stesso sistema sanitario a stelle e strisce a provocare la dipendenza fornendo sconsideratamente degli oppiacei che creano dipendenza anche ad adolescenti. Peccato che quest’ultima questione dirimente resti sullo sfondo, come del resto le problematiche politiche, economiche e sociali connesse al mercato dell’eroina.

Avatar - La via dell'acqua di James Cameron, azione, avventura, fantasy, Usa 2022, voto: 7+; film che merita di essere visto in 3D e su grande schermo, risulta notevole sia dal punto di vista formale che contenutistico. Pur rimanendo un prodotto dell’industria culturale, riesce a mediare a un pubblico di massa dei contenuti molto avanzati dal punto di vista, innanzitutto, della difesa dell’ambiente, contro le grandi imprese e le forze dell’imperialismo che sono, a ragione, rappresentati come i peggiori pericoli. Resta molto significativo il rovesciamento di tutti gli stereotipi tradizionali dei film, dei romanzi e più in generale della cultura nordamericana, con la storia raccontata dal punto di vista delle balene, dei nativi e di tutti i popoli aggrediti e oppressi dall’imperialismo. Peccato che, rispetto al primo film, prevalgano gli aspetti legati a dinamiche familiari piuttosto tradizionali, mentre lo scontro contro le forze imperialiste resta più sullo sfondo.

Un altro mondo di Stéphane Brizé, drammatico, Francia 2021, voto: 7+; la Francia si conferma uno dei Paesi più avanzati, non solo fra le nazioni europee e imperialiste, per quanto riguarda i rapporti di forza nel conflitto di classe al livello delle idee e per la capacità delle forze critiche del neoliberismo di metterne seriamente in discussione l’egemonia sul piano sovrastrutturale all’interno della società civile. Proprio al contrario di quanto avviene nel miserrimo panorama italiano, in diversi film francesi si pone al centro della rappresentazione il tema centrale del conflitto sociale e si porta avanti una serrata critica al pensiero unico neoliberista. C’è, dunque, poco da stupirsi se nel nostro povero paese anche nell’ultima campagna elettorale i programmi siano pressoché integralmente neoliberisti e non si affronti mai il conflitto di classe, dal momento che da anni questi temi sono praticamente espunti dal nostro cinema, quasi completamente allineato – critica cinematografica compresa – all’ideologia dominante, funzionale agli interessi conservatori se non reazionari della classe dominante. Un altro mondo, pur affermando in modo realistico aspetti sostanziali del conflitto sociale, ha alcuni significativi difetti piuttosto comuni in Francia, anche a sinistra. Innanzitutto l’intollerabile nazionalismo, del tutto fuori luogo in un Paese ormai da secoli imperialista e lontanissimo dalla difesa della nazione insurrezionale della Rivoluzione francese. Così abbiamo, come generalmente accade, che il personaggio tipico che incarna il neoliberismo e la classe dominante è uno straniero, nel caso specifico uno statunitense. Per cui ritorna la retorica della difesa nazionalista dinanzi al neoliberismo. Vi è anche la contrapposizione, non certo di sinistra, fra la provincia e la capitale, che sarebbe un cavallo di Troia dell’affermazione in Francia del neoliberismo statunitense. Infine vi è il mito interclassista di una sostanziale comunanza di intenti fra manager e lavoratori. Anche la conclusione è alquanto discutibile, in quanto il protagonista manager fa un’autocritica, ma accetta, senza dar battaglia, il licenziamento per non aver sostenuto le politiche neoliberiste! Infine abbandona il campo del conflitto sociale per trovare rifugio nel privato.

I segni del cuore di Sian Heder, drammatico, Usa, Francia 2021, premio Oscar come miglior film e sceneggiatura nel 2022, più diversi altri premi internazionali, voto: 7,+. I segni del cuore (titolo originale CODA) è un film decisamente emozionante, commovente e lascia alquanto da riflettere sulle problematiche quanto mai attuali delle persone disabili. Pur essendo un remake I segni del cuore è, contrariamente al solito, decisamente migliore dell’originale. Fra i film candidati agli Oscar 2022, è secondo solo a Don’t Look up.

West Side Story di Steven Spielberg, drammatico, musical, Usa 2021, distribuito da Walt Disney, voto: 7+; uno dei pochissimi film fra i candidati ai premi Oscar 2022 che merita – considerato il livello molto basso degli altri film – la nomination a miglior film e miglior regia, oltre a diversi premi minori. Spielberg è indubbiamente un grande regista, il limite principale sono le sue concessioni all’industria dello spettacolo e all’ideologia dominante. Nel caso presente Spielberg trova un avanzato equilibrio fra godimento estetico e lasciare qualcosa di significativo su cui riflettere allo spettatore. Notevole è anche l’equilibrio tra forma e contenuto, in entrambi i casi più che soddisfacenti. Nonostante la forma musical e il remake il film ha una certa dose di realismo. Peccato che la catarsi prevista per la tragedia, peraltro realista, è troppo sottotono e non è indicata una reale via di superamento delle contraddizioni, in primo luogo economiche e sociali, poste meritoriamente in evidenza.

Let’s Kiss (Franco Grillini storia di una rivoluzione gentile), di Filippo Vendemmiati, documentario Italia 2021, voto: 7+. Bel documentario narrato dalla voce di un grande esponente della straordinaria lotta per l’emancipazione del movimento Lgbtq. Il documentario è godibile e certamente molto importante dal punto di vista didattico. Peccato che il movimento e il suo protagonista hanno cominciato a realizzare questa “rivoluzione gentile” proprio in concomitanza con la sconfitta del grande movimento di lotta degli anni Sessanta e Settanta e con l’affermarsi del riflusso, che hanno portato anche significativi dirigenti della sinistra radicale ad abbandonare completamente le grandi ambizioni di cambiare radicalmente il mondo, per assumere una prospettiva in ultima istanza corporativa. Così la rivoluzione sessuale e la lotta per i diritti civili ha finito per perdere qualsiasi legame con il movimento politico e sociale. Naturalmente questi significativi e tragici eventi non sono per niente affrontati da un film che sposa, acriticamente, la posizione opportunista dell’attivista al centro di questa drammatica vicenda. In tal modo, non si mette minimamente in luce come la essenziale lotta per la rivoluzione sessuale e i diritti civili sia ancora oggi strumentalizzata dall’imperialismo per dei fini che contrastano con la lotta per l’emancipazione del genere umano.

Bella Ciao – Per la libertà di Giulia Giapponesi, documentario, Italia 2022, voto: 7+; film quanto mai attuale che rivendica l’importanza della lotta a ogni forma di fascismo, una lotta comune portata avanti e declinata in forme diverse, ma con gli stessi valori di fondo in tutto il mondo. Il film è interessante, emozionante, valido dal punto di vista didattico ed esteticamente godibile. I limiti sono più o meno gli stessi della canzone, del suo successo e dell’indistinta lotta per la libertà tematizzata sin dal titolo del film, per cui si finisce per prendere come icona dei personaggi anche piuttosto discutibili. La prospettiva sostanzialmente apologetica del film finisce per prendere in considerazione solo le critiche da destra a Bella ciao, senza prendere minimamente in esame le ben più significative critiche da sinistra.

Illusioni perdute di Xavier Giannoli, drammatico, Francia 2021, miglior film francese e film in generale con più riconoscimenti ai premi Cesar 2022, voto: 7+; film interessante e significativo, in primo luogo per aver avuto il coraggio e la capacità di prendere come soggetto uno dei grandi capolavori del romanzo realista di Balzac. Certo, per quanto il film riesca nell’ardua impresa di non sfigurare rispetto al proprio soggetto, il romanzo resta decisamente più interessante, profondo, realista, significativo e attuale. Il film è molto utile se spinge a leggere o rileggere questo e gli altri capolavori di Balzac, mentre diventa decisamente dannoso se fa credere che non sia necessario risalire all’originale dopo aver visto la sua, pur dignitosa, versione cinematografica.

Tori e Lokita di Luc e Jean-Pierre Dardenne, drammatico, Francia 2022, voto: 7+; film a ragione premiato a Cannes, molto istruttivo nella denuncia dello sfruttamento dell’immigrazione clandestina. Si tratta di un tema di estrema attualità, che permette di riconoscere pienamente l’umanità dell’immigrato clandestino. Si tratta, dunque, di un film avvincente, commovente e che lascia non poco su cui riflettere allo spettatore. Peccato che lo stile formalistico dei Dardenne, con il suo taglio minimal, non solo non appare in grado di allargare l’orizzonte sulle problematiche affrontate, di individuare delle credibili prospettive di superamento dialettico dell’esistente, ma impedisce di fatto anche al grande pubblico – quello che ne avrebbe più bisogno – di riconoscere l’umanità dell’immigrato e di  potersi giovare di questa valida esperienza estetica.

Respect di Liesl Tommy, biografico, distribuito da Eagle Pictures, Usa 2021, voto: 7+; bel film realista sulla vita e l’opera di Aretha Franklin con sullo sfondo i grandi eventi storici degli Stati Uniti fra gli anni Sessanta e gli anni Settanta. Il film ricostruisce adeguatamente la storia di questa grande cantante inserendola, adeguatamente, nello sfondo sociale, storico, razziale e culturale. Il film non decolla mai del tutto perché, per quanto ricca di spunti significativi, la storia di una grande interprete musicale non può che risultare carente nella sostanza.

I soliti ignoti di Mario Monicelli, commedia, Italia 1958, con Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Renato Salvatori, Totò e Claudia Cardinale: voto: 7+; capolavoro del genere commedia, il film è una gustosissima rappresentazione del sottoproletariato con tutte le sue contraddizioni. I soliti ignoti, con degli eccezionali interpreti, offre anche una conclusione catartica, con un superamento dialettico per cui il sottoproletario si vede più o meno costretto ad andare a lavorare divenendo un proletario. Molto significativa la profonda differenza con i giorni nostri, in quanto all’epoca del film (la fine degli anni Cinquanta), nonostante la guerra fredda, anche i film più popolari e di genere riuscivano a divertire dall’inizio alla fine, facendo anche ragionare lo spettatore.

24/02/2023 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

Condividi

L'Autore

Renato Caputo

Pin It

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

Newsletter

Iscrivi alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato sulle notizie.

Contattaci: