La strada per la città

La vita dello studente di provincia che si trasferisce in città nel nuovo libro di Saverio de Marco


La strada per la città

Un libro di racconti, quello di Saverio De Marco, attraverso i luoghi e le esperienze della vita che ci mettono alla prova. La strada per la città sarà pubblicato a breve da Italic nella collana Pequod, acquistabile online su libreriauniversitaria.it.

di Laura Nanni

È bello poter leggere tutto di filato un libro di racconti, che scorre e ti conduce attraverso vicende quotidiane che magari, prima, ti erano sembrate prive d’importanza. Vicende che accadono senza essere notate, a meno che non si abbiano i sensi vigili e quella capacità, che l’autore dimostra, di affondare nella quotidianità fugace per tracciarne con le parole i contorni. Sono contorni netti, a volte morbidi, a volte discontinui e ispidi, per questo la scrittura appare materia viva e, come la vita, semplice nella sua origine ma sempre imprevedibile nel suo svolgersi. Per Saverio De Marco le origini della scrittura sembrano essere radicate nella sua terra d’origine, la Basilicata.

In alcuni racconti, le narrazioni possono apparire assurde o quasi inconcepibili, ma divengono accessibili perché passano sempre attraverso le sensazioni che dalla scrittura trapelano, e sono le sensazioni di chi certe esperienze le ha attraversate. Momenti veri, momenti intensi, momenti interrotti, vicende di impegno politico vissute tra risveglio della coscienza e bisogno di mettersi alla prova.

La strada per la città racconta di quella fase esplorativa e così complicata della vita in cui si affronta lo studio universitario e si scopre una dimensione complessa, in cui spesso non è ancora chiaro quale sia il percorso da compiere per realizzare l’idea che si ha del proprio futuro, tanto che ci si potrebbe perdere. E per chi da un piccolo centro del sud, arriva in una città e in un’università così caotiche come quelle di Roma con la sua città universitaria, le possibilità di confondersi e scoraggiarsi aumentano. Nonostante ciò, in questa storia, la certezza della coscienza di classe non viene mai meno: da che parte si sta, questa consapevolezza, non viene mai meno.

Bisogna darsi da fare, barcamenarsi per riuscire a portare avanti tutto, mantenersi allo studio, studiare e vivere l’esperienza del “fuori sede”. I lavoretti e le possibilità di guadagnarsi la giornata con tipi di attività curiose, forse sono comuni per chi vive fuori sede, neanche per tutti, ma raccontati così, diventano fatti divertenti tra l’inconsueto e il quotidiano.

In questo testo, però, quello che l’autore racconta è tutto un universo in cui le relazioni umane si srotolano, la metropoli stordisce e affascina, le necessità premono e lo studio, tutto sommato, è tenuto fuori campo.

Si staglia, da un racconto all’altro, la descrizione di una città come Roma, da parte di uno studente fuori sede, che non è nato tra palazzi e strade convulsamente transitate da persone e automobili, o luoghi e situazioni ibride, pericolose e aggrovigliate o periferie degradate che non accolgono. La realtà è così diversa… Però ogni volta prevalgono il buon senso, il dialogo con sé e il confronto con la propria identità che restano presenti in ogni momento difficile. È il sapersi una persona originale e particolare che vuole realizzare ciò che ha in mente e nel cuore.

Scivolando tra le righe scorgiamo un tema che si affaccia in tutti i racconti, quello delle relazioni. L’amicizia è qualcosa che accompagna e, anche se a volte resta un poco appartata, rimane sempre presente. Poi c’è la ricerca dell’incontro con l’altra, la ricerca di qualcosa di autentico, di un incontro di anime, di un sentimento vero e, in alcuni momenti, sembra poter accadere… ma poi trapassa in qualcos’altro, mentre gli avvenimenti si disperdono in situazioni incompiute o sospese nel caos metropolitano.

Mentre le storie scorrevano, ho scovato un altro piano di lettura, ed è quello che viene a galla nel comporre il mosaico con tutti i pezzi che l’autore ci consegna: questi racconti ci parlano della consistenza delle differenze culturali, socio-antropologiche, che perdurano nel nostro Paese, dalla capitale, la metropoli,al piccolo paese del sud, tra regioni e paesaggi che si distinguono anche per la natura geografica. E come sono presenti e forti le peculiarità nei modi di vivere, in cui l’appartenenza è sentita e viva! Interi territori si affacciano nelle vicende dei personaggi. E questa è una bella emozione.

La sensazione, mentre leggevo i racconti, è stata quella di essere un’osservatrice presente, in mezzo ai fatti concreti, in una realtà raccontata in modo fenomenologico, con sincerità e senza fronzoli, in cui potevo anche entrare. Ho percepito la ricerca interiore per arrivare a cogliere sempre l’essenza dei momenti vissuti, anche dei più nascosti e banali perché in tutti c’è la vita.

Infine, c’è un racconto che rimane un po’ a sé, ed è quello del ritiro spirituale, forse un’esperienza non vissuta personalmente dall’autore?

21/05/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Laura Nanni

Roma, docente di Storia e Filosofia nel liceo. Fondatrice, progetta nell’ A.P.S. Art'Incantiere. Specializzata in politica internazionale e filosofia del Novecento, è impegnata nel campo della migrazione e dell’integrazione sociale. Artista performer. Commissione PPOO a Cori‐LT; Forum delle donne del PRC; Stati Generali delle Donne.

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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