Politica monetaria, il gioco di banche e finanza

La politica monetaria svizzera non si autodetermina più già da molto tempo: le decisioni vengono prese a Francoforte.


Politica monetaria, il gioco di banche e finanza

ZURIGO. Sulle sponde del Limmat, il fiume che divide in due il centro storico di Zurigo, l’acqua che scorre induce a pensare che la corrente da qualche parte arriva e a qualche parte va. Una premessa per avviare un dialogo su temi più profondi. Si discute di qualche teoria di Karl Marx e in questa città di banche e sedi di centri d’analisi economica e industriale ci si sofferma sul fatto che Marx non stabilì una vera e propria teoria monetaria, perché non va dimenticato che l'economista tedesco definì la causa dei fenomeni economici soprattutto nell'economia reale. Anche se Marx non ha mai ignorato il ruolo della moneta e del sistema monetario come possibile amplificatore delle crisi, dunque ebbe una visione ampia e moderna della moneta, composta da circolante, depositi e cambiali. Ed è qui che i sistemi bancario e creditizio svolgono un ruolo determinante nell'offerta di moneta e nelle fluttuazioni del ciclo.

Ci si domanda, poi, cos'è il tasso di interesse per Marx. La risposta telegrafica è altresì semplice: il tasso di interesse è il prezzo del capitale monetario, anche se, a differenza del prezzo delle merci, il tasso di interesse non ha un valore normale (naturale) intorno al quale oscillare, ma è determinato dal sistema bancario di cui il denaro è la merce. La stretta creditizia provoca, allora, una crisi di liquidità nell’intero sistema economico. La liquidità si accumula nelle riserve di sicurezza delle banche, in attesa di tempi migliori secondo le teorie del capitalismo, di cui le banche sono un armamento. Mentre alcune imprese, non riuscendo a pagare i debiti, né ad accedere a nuovi finanziamenti, falliscono.  Il sistema ritorna a crescere quando il capitale monetario latente è molto alto, quando ai lavoratori viene imposta una riduzione salariale e gran parte delle imprese inefficienti è uscita dal mercato. In questa situazione il tasso di interesse si riduce. E il capitalismo canta vittoria.

Non tutto ciò che luccica è, però, oro. Si può dire sia ferro e il ferro si arrugginisce. La Banca Nazionale Svizzera (anche questa settimana è protagonista dell’articolo, ma sulle sponde del Limmat si cammina parlandone) ha dedicato un incontro al mercato monetario 2018. Società finanziarie hanno l’occasione di discutere sulla situazione della Banca stessa.

Andréa Maechler, la prima donna nella direzione generale della BNS in 111 anni, ha innescato un dibattito. Spiegare la situazione attuale della BNS non è facile, ma qualcosa si può capire ascoltando, intanto, qualche banchiere che sostiene come l’economia è in piena espansione e la disoccupazione è bassa. Da molte parti si sta costruendo. Insomma, oggi vale più che mai la pena di indebitarsi in Svizzera. La crisi dell'euro è uno dei motivi di questa situazione. Nel 2011 – sono già trascorsi 8 anni – quando la Grecia fu per la seconda volta sull'orlo del fallimento, la BNS introdusse una soglia minima di cambio rispetto all'euro, nel contempo perdendo la capacità di controllare i tassi di interesse in modo indipendente dalla Banca centrale europea (BCE). Quando nel 2015 revocò la soglia minima di cambio, la BNS abbassò ulteriormente i tassi di interesse e, da allora, la banca centrale elvetica applica un tasso d'interesse negativo, che è arrivato a – 0,75%. Questa politica monetaria fu sostenuta anche dalla Maechler, da quando entrò nella direzione generale della BNS (era l’estate 2015).

L’economista decide la strategia dell’istituto di emissione assieme agli altri due membri della direzione generale, il presidente Thomas Jordan e il vicepresidente Fritz Zurbrügg.

Non vanno dimenticati gli Stati Uniti d’America dove i tassi d'interesse sono del 2,25% e non smettono più di crescere. Nel 2000, quando la Maechler stava studiando in un'università americana, il tasso di interesse principale della FED era del 6,5%.

Qualcuno sostiene che si dovrebbe essere cauti con ulteriori aumenti dei tassi di interesse da parte della FED. Però nessuno vuole un'inversione della struttura della curva degli interessi, ciò porterebbe a una situazione in cui è più costoso indebitarsi a breve termine che a lungo termine. In passato, si ricorda che le crisi sono spesso arrivate dopo simili periodi. Adesso la banca centrale americana sta per invertire la curva di rendimento pur non volendo che l'inflazione aumenti troppo. Quindi, aumenterà i tassi d'interesse. È quello che la maggior parte degli economisti aspetta: un nuovo aumento dei tassi d'interesse a dicembre e qualche altro l’anno prossimo. I tassi d'interesse negli Stati Uniti toccheranno ben presto il 3%, mentre in Svizzera saranno ancora a -0,75%.

Qui entra in gioco anche l’Europa e la zona euro. Gli acquisti netti della Banca centrale europea scadono a dicembre e negli ultimi tre anni la BCE ha acquistato titoli di Stato per 2.500 miliardi di euro allo scopo di generare inflazione.

Oggi il tasso di inflazione è del 2,2%, un poco superiore all'obiettivo della Banca Centrale Europea. Sarebbe una ragione per aumentare i tassi d'interesse? No, qualcuno sostiene. La BCE ha indicato che non aumenterà i tassi d'interesse fino all'estate 2019. L'UE è il più importante partner commerciale della Svizzera. Anche nell'area dell'euro le banche pagano un tasso d'interesse negativo (-0,4), leggermente inferiore rispetto a quello in vigore in Svizzera.

Analisti economici e industriali si chiedono se la soluzione migliore sia non fare niente. Le autorità monetarie svizzere prevedono che l'inflazione arriverà all'1,2% nel 2020. Non c'è, quindi, motivo per pigiare sul freno monetario. Al contrario, dice un collaboratore della BNS: “Il valore del franco svizzero rimane molto alto a 1,15 per euro”. Come dire che la BNS non farà nulla finché Francoforte non si muove.

Questa è attualmente la realtà: L'economia in questo Paese neutrale, già ricco di suo, sta andando bene. La FED stringe regolarmente la vite del tasso di interesse, ma la BNS rimane sulla scia della BCE per tenere sotto controllo il tasso di cambio tra il franco e l’euro. Questo vuol dire tassi d'interesse negativi finché la BCE non li aumenta. Si può dunque sostenere che la politica monetaria svizzera non si autodetermina più già da molto tempo: le decisioni vengono prese a Francoforte.

17/11/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Guido Capizzi

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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