Per la festa della mamma: parliamo di politica?

Forse il più grande servizio sociale che possa essere reso da chiunque al paese e all'umanità è formarsi una famiglia (George Bernard Shaw)


Per la festa della mamma: parliamo di politica?

Primo fatto: pochi bambini  

Ormai lo sappiamo tutti: nel nostro paese le nascite diminuiscono e  diminuiscono di anno in anno. Non è un fatto che riguarda solo l’Italia, ma anche allargando lo sguardo al contesto Europeo dove il fenomeno è ben radicato, registriamo uno dei trend più negativi in assoluto.

Nel 1964 l’anno del boom delle nascite sono nati in Italia 1.035.000. Nel 2020, dati Istat, sono nati 404.892 bambini. Penso che i due numeri messi uno accanto all’altro siano davvero esplicativi. E’ una distanza enorme. 

Ma prendiamo anche una data più vicina a noi: nel 2008 sono nati 576.659, ciò significa che in dodici anni ci sono stati 170mila bambini in meno. 

Durante la pandemia: tra il 2019 e il 2020 il calo delle nascite è continuato e le prime stime rispetto al 2021 confermano un ulteriore diminuzione.   

Secondo fatto: Ci sono sempre più poveri

Un altro fatto è il continuo ed esponenziale aumento della povertà. Gli esperti dividono la povertà in “assoluta” e in “relativa” e ci raccontano come la povertà assoluta sia in forte crescita ha riguardato oltre cinque milioni e seicentomila individui, vale a dire il 9,4 per cento delle persone residenti in Italia. Nell’anno precedente la quota era pari al 7,7 per cento. Sono le famiglie ad avere maggiori probabilità di essere o diventare povere, più sono numerose, più ci sono bambini piccoli maggiori sono le probabilità che lo diventino. 

Terzo fatto: il desiderio di maternità

In una recente intervista condotta da Istat le donne intervistate dichiarano di volere almeno due e anche più figli eppure la media nazionale di figli per donna si ferma a 1,19.

La distanza tra il desiderio e la realizzazione di una maternità ha un nome: fertility gap ed è un fenomeno in crescita. 

Quarto (non) fatto: la voglia di stare con i figli.

Durante il primo lockdown, quando eravamo tutti (o quasi) a casa  erano molte le famiglie che dichiaravano di essere felici di avere i figli a casa, soprattutto chi aveva figli molto  piccoli, così da poterseli godere di più.

Rispetto a queste affermazioni non abbiamo dati statistici e non credo se ne siano registrati, si tratta di un’impressione che forse  trova riscontro in un sondaggio condotto da Ipsoa rispetto alla felicità. 

I cittadini intervistati si sono dichiarati felici nel 2019 come nell’anno precedente. In Italia il senso della felicità è perfino cresciuto. 

Tra i fattori presi in considerazione per valutare il senso di felicità si chiedeva di esprimersi rispetto alla relazione con la propria famiglia e il rapporto con i figli. 

Sesto: una piccola considerazione: Eppure…

Nonostante lo scenario non certo incoraggiante in Italia c’è chi,  in modo del tutto consapevole, sceglie di far figli. Benché questa scelta possa significare impoverimento, rinuncia ad una carriera, o sopratutto per le donne. Una realtà ormai nota e quasi scontata .   

Settimo: una notizia trascurabile  

Durante il lockdown totale quando era difficile uscire a fare la spesa i supermercati (gli unici aperti) hanno chiuso le forniture di cancelleria. Ai governanti non sembrava importante fornire carte e penne, visto che gli uffici erano chiusi, ma i genitori che avevano in casa i bambini senza carta, colori e altri materiali per disegnare hanno iniziato ad avvilirsi…     

Quinto fatto: le conseguenze della chiusura della scuole 

Appena passato il lockdown assoluto, quando il lavoro è ripartito, è nata quasi immediatamente una sorta di movimento tra i genitori che chiedevano di riaprire le scuole. 

La prima preoccupazione non era la salute, anche se si conoscevano  poco gli effetti della pandemia nel contesto scolastico, la priorità era che i figli tornassero a frequentare la società, gli altri, la scuola. 

La separazione dai compagni forzata ha causato tanti risvolti negativi, alcuni davvero preoccupanti.

La Società Italiana di Neuropsichiatria per l'Infanzia e l'Adolescenza (sinpia) ha registrato nei primi nove mesi del 2021 un numero dei ricoveri per disturbi psichiatrici tra bambini e adolescenti superiore rispetto al numero totale di ricoveri avvenuti nel 2019. 

Un’altra conseguenza della chiusura, del distanziamento, dell’uso delle mascherine e delle continue cautele igieniche è stato quello di renderci meno resistenti e più vulnerabili ai virus in generale.  

Sesto fatto: allarme virus, allarme epatite tra i più piccoli

Questo inverno in molte città italiane si sono registrate sopratutto nei nidi e nelle scuole d’infanzia severe pandemie non sempre da covid, ma per un virus Rsv di altra natura che colpiva sopratutto i più piccoli. (https://bolognanidi.blogspot.com/2021/11/evitare-il-nido-puo-essere-una.html)

A Firenze, a Milano, a Napoli i primari di diversi ospedali pediatrici chiedevano (questo sopratutto in dicembre) ai genitori di NON mandare i bambini al nido o alla scuola d’infanzia per mantenere gli ospedali, e sopratutto i reparti di terapia intensiva, sotto controllo.

Mentre i medici facevano questi appelli, gli enti pubblici continuavano a tenere aperti i servizi educativi e nei casi di chiusura (ad esempio per mancanza di personale) i genitori chiedevano di riaprire quanto prima. 

Conclusioni: senza conclusioni  

Arrivata a questo punto credo sia lecito porci alcune domande. 

Visto che le famiglie neanche durante una pandemia mondiale che ci ha paralizzato sono state incapaci di organizzarsi senza nido e/o scuola, cosa dovremmo cambiare per poterle sostenere?

Se i due governi avvicendati durante lo stato di emergenza hanno “dimenticato” i bambini, si poteva uscire per passeggiare con il cane ma non con i bebè, se non si consentiva ai bambini di poter avere carta, colori, pennarelli, materiale per disegnare e non se ne trovavano già in casa…  Come  potremmo cambiare nel nostro modo di vivere quotidiano per dare maggiore attenzione ai bambini?

E’ da tempo che i genitori, ben prima del Covid, chiedono di rivedere il calendario scolastico, di estendere il tempo, di rivedere gli orari dei servizi educativi… eppure quando i genitori hanno avuto più tempo libero da trascorrere con i figli sono stati felici… 

Ora invece di concentrarci solo sul calendario scolastico allungando il tempo di studio-lavoro dei ragazzi, non è il caso di rivedere anche il modello del lavoro? 

Non è il caso di interrogarci su come viviamo lo spazio della casa, uno spazio dove, l’abbiamo capito durante la pandemia, manca molto spesso uno spazio esterno, anche piccolo, o mancano strumenti per disegnare ed esprimere la creatività … ? 

Oltre alla scuola e ai nidi: che altri aiuti lo Stato e gli Enti potrebbero offrire? 

Meno ore di lavoro per tutti? Più congedi parentali? Più orari flessibili? Più luoghi di aggregazione?

Tutto questo e altro ancora? 

Come possiamo aiutare le famiglie a vivere meglio? 

Queste domande attendono risposte da molto tempo ormai.

Nel mentre le economie del PNRR si concentrano prevalentemente sul creare più scuole, più nidi, più palestre, o per avere più psicologi in questi luoghi. 

Per le famiglie e a sostegno indiretto della maternità c’è il Family act che prevede, in sintesi, l’erogazione di bonus, bonus che raggruppano e cancellano precedenti bonus ma non si prevedono altre e nuove strutture e/o servizi. 

Intendiamoci: un maxi bonus e più scuole e nidi vanno benissimo ma rispetto al problema a cui siamo di fronte sono davvero soluzioni povere e vecchie. 

Dovremmo ripensare attentamente al lavoro e ai diritti dei lavoratori perché se diamo bonus e strutture per continuare con lavori mal pagati, o molto precari, o molto ricattabili come spesso abbiamo oggi, questi provvedimenti sono depotenziati e sono sopratutto pensati per risolvere problemi che ormai sono cambiati. 

Dovremmo poi ripensare anche al ruolo della famiglia nella  società e sopratutto al ruolo delle donne e delle madri nella società, perché forse è ora di riconoscere che la maternità non è un fatto privato che ha bisogno di qualche settimana di congedo all’anno del partner,  ma è un bene comune di tutte e tutti e come tale va valorizzato e tutelato. 

E allora se non ora che le madri stanno diventando sempre più rare e preziose, quando?       

 

Laura Branca: giornalista freelance, blogger e scrittrice. Dal 2012 si occupa di politiche educative e femminismo. Lo scorso anno ha pubblicato "Raccontami una favola vera. Adriana Lodi: biografia di una politica" Bacchilega editore.     

 

Note:

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06/05/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Laura Branca

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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