I limiti del marxismo dal punto di vista di Losurdo

Lo Stato, la nazione, la lingua, la religione, la molteplicità delle civiltà e il mercato attendono ancora di essere indagate ontologicamente dal marxismo


I limiti del marxismo dal punto di vista di Losurdo Credits: https://www.varesenews.it/lettera/dedicato-domenico-losurdo-intellettuale-marxista/

Secondo Domenico Losurdo l’idea di una rapida transizione in Unione Sovietica verso una società senza Stato, mercato, religione, ha distolto l’attenzione riguardo la costruzione di uno Stato di diritto. L’utopismo non ha consentito il superamento del permanente Stato d’eccezione, reso necessario dalla situazione storica ma prolungato, a parere di Losurdo, più del dovuto [1]. Secondo Losurdo, quindi: “ad essere oggetto di sottovalutazione di stampo idealistico è stato lo spessore dell’essere sociale dello Stato, della nazione, della lingua, della religione, del mercato, lo spessore di tutto ciò che era stato chiamato a dileguare. Il marxismo rivela così di aver bisogno di un’ontologia dell’essere sociale” [2]. Tale questione, sviluppata da György Lukács nella sua ultima opera l’Ontologia dell’essere sociale, non è stata ancora risolta in quanto, secondo Losurdo, “nell’ambito del marxismo, lo Stato, la nazione, la lingua, la religione, la molteplicità delle civiltà, il mercato, le diverse configurazioni dell’essere sociale attendono ancora di essere indagate ontologicamente” [3]. A tale scopo, possono essere estremamente utili, per Losurdo, le analisi di Georg Wilhelm Friedrich Hegel riguardo tali temi; il filosofo accusato di idealismo storico, diventa il perno sul quale fare leva per ripensare il marxismo.

Se ha ragione Losurdo nell’accentuare il debito di Karl Marx nei confronti di Hegel, aspetto dimenticato e sottovalutato da molti autori che si richiamano al marxismo, il rischio è, però, quello di perdere di vista Marx e ritornare tout court a Hegel. In Hegel è forte la dimensione del passato e del presente con la sua oggettività sociale, ma manca la dimensione del futuro. L’orizzonte del futuro, che è inaccessibile alla posizione teorica contemplante, è invece compreso e fatto proprio dal marxismo, anche grazie all’eredità della dialettica storica di origine hegeliana. Il sistema hegeliano, ultima e più alta espressione dell’autocoscienza borghese, ha portato a compimento, secondo Marx, la filosofia, ora si tratta di realizzarla, attraverso la rivoluzione. Così Marx si esprime nella famosissima XI Tesi su Feuerbach: “I filosofi hanno soltanto diversamente interpretato il mondo, ma si tratta di trasformarlo” [4]. Filosofia e rivoluzione diventano momenti di un’unità dialettica: l’arma della critica, che consiste nella comprensione scientifica delle contraddizioni del presente, diventa effettiva arma, foriera di nuova storia, sul piano dell’intervento pratico-politico. In questo modo si esprime Marx nell’Introduzione a Per la critica della filosofia del diritto di Hegel: “Evidentemente l’arma della critica non può sostituire la critica delle armi, la forza materiale non può essere abbattuta che dalla forza materiale, ma anche la teoria si trasforma in forza materiale non appena penetra tra le masse” [5]. È, dunque, sul piano dell’intervento pratico-politico che l’utopia guadagna concretezza: si sostanzia nell’azione sollecitata dalla possibilità oggettivo-reale svelata dalla storia.

L’orizzonte del futuro è quindi essenziale per la prassi, e funzionale a quest’ultima risulta anche l’utopia. Losurdo, volendo liquidare tutti gli aspetti utopici e messianici presenti nel marxismo, rischia di perdere la dimensione della prassi, fondamentale per la trasformazione della società. Si tratta, del resto, della stessa sottovalutazione imputabile a Hegel del ruolo anche positivo del dover essere della filosofia critica, che lo porta a sottovalutare l’importanza dell’azione, al centro della filosofia decisamente più vicina alla Rivoluzione e ai giacobini di Johann Gottlieb Fichte.

 

Note:

[1] Cfr. Losurdo, Domenico, Il revisionismo storico. Problemi e miti, Laterza, Roma-Bari 1996, pp. 193-99.

[2] Id., Hegel, Marx e l’ontologia dell’essere sociale, in «Critica Marxista», Settembre/ottobre 2010, pp. 40-49, pp. 48-9.

[3] Ivi, p. 49.

[4] Marx, Karl - Engels, Friedrich, Opere scelte, a cura di Gruppi, Luciano, Editori Riuniti, Roma 1971, p. 190.

[5] Ivi, pp. 64-5.

27/05/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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