Bilancio del 2019

Per un bilancio critico del 2019


Bilancio del 2019 Credits: http://www.genteditalia.org/2019/12/28/ancora-scontri-in-cile-un-morto-e-numerosi-feriti-a-santiago/

Il primo aspetto che colpisce, riflettendo sull’anno appena trascorso, è che, nonostante il lungo tempo passato, le concezioni dei grandi classici del marxismo - in primis Marx, Lenin e Gramsci – sono quanto mai attuali e certamente molto più verificate dallo sviluppo storico rispetto al tempo in cui sono state scritte. Mentre, dunque, le più significative critiche del modo di produzione capitalistico non sono affatto invecchiate, ciò non si può certo dire del loro oggetto d’indagine. In altri termini il capitalismo con la costituzione del mercato mondiale ha, infine – come previsto da Marx – portato a compimento il suo essenziale obiettivo storico e ora è entrato, sempre più decisamente, nella sua fase di declino.

Tanto la validità dell’analisi marxista, quanto l’obsolescenza del modo di produzione capitalistico, sono ampiamente dimostrati dal perdurare, ormai ultra decennale, della crisi in tutti i paesi a capitalismo avanzato. Quest’anno persino la Germania, che aveva potuto beneficiare dell’annessione della DDR e della costituzione dell’Unione europea, è infine entrata anch’essa in recessione. L’economia mondiale, come già da alcuni anni a questa parte, mantiene dei valori positivi non certo grazie ai paesi a capitalismo avanzato, ma piuttosto grazie alla costante crescita della Repubblica popolare cinese. In questo grande paese si sta sperimentando un sistema economico misto che ha sintetizzato e posto in competizione fra loro elementi dell’economia socialista con elementi dell’economia capitalista e che può essere definito, in prima approssimazione, come una inedita forma di capitalismo di Stato, inteso, sulla scorta di Lenin, quale passaggio intermedio necessario nella transizione dal capitalismo al socialismo, in un paese in cui non vi sono le condizioni soggettive e oggettive per la edificazione diretta di una società socialista. Evidentemente nessuno può sapere se tale processo andrà nella direzione auspicata da Lenin della progressiva costruzione di una società socialista o della realizzazione di una nuova manifestazione del modo di produzione capitalistico. Ciò che è certo è che, se dovesse prevalere questa seconda ipotesi, anche in Cina si produrrà inevitabilmente, negli anni a venire, una caduta tendenziale del tasso di profitto, che porterà anche questo paese a una crisi di sovrapproduzione. Anche in questo caso, però, a essere obsolescente sarà il capitalismo, mentre sarà il marxismo a dimostrare, ancora una volta, la potenza della sua analisi scientifica e l’attualità della questione – di fronte alla quale si trova ancora di più l’umanità alla fine di quest’anno – costruire una società socialista (in grado di risolvere le contraddizioni, gli elementi irrazionali e ingiusti della società capitalista), o assistere a una progressiva crisi della civiltà umana nel suo complesso, che rischia di vivere nuovi secoli oscuri, come quelli della crisi del sistema schiavistico e più tardi del sistema feudale, sino a quando non si è affermato – necessariamente a livello internazionale – un modo di produzione più razionale.

Per altro il 2019 ha dimostrato, in misura ancora maggiore degli anni precedenti, che questo modo di produzione in crisi è sempre più incompatibile con la sopravvivenza stessa della civiltà umana, in quanto i suoi aspetti irrazionali rendono sempre più invivibile lo stesso habitat naturale in cui quest’ultima si è sviluppata. Né questo modo di produzione sembra in grado di garantire la libertà, l’eguaglianza e la fraternità che aveva promesso nel suo affermarsi con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Al contrario la quantità di popolazione sottomessa alla schiavitù del lavoro salariato è aumentata anche nel corso di questo anno, come la quantità di popolazione costretta a emigrare per motivi climatici ed economici. Allo stesso tempo è aumentata la quantità di popolazione condannata a una forma di privazione di libertà ancora più grave, ovvero la condanna alla disoccupazione, alla sottoccupazione e alla più completa precarietà. La capacità di comando sulla forza-lavoro del capitale, concentrato nelle mani di un numero sempre minore di individui, ha ulteriormente aumentato la sua capacità di dominare su una massa sempre più sterminata di esseri umani che, per poter riprodursi, dispongono unicamente della loro capacità di lavoro e sono costretti ad alienarla a un prezzo sempre molto basso. Né si può dire che il capitalismo abbia posto fine alle discriminazioni di genere, razza e ceto sociale. Né il capitalismo è stato in grado di emancipare la donna dalla schiavitù domestica.

D’altra parte, uno degli aspetti decisamente più positivi di questo 2019 è che è cresciuta a livello mondiale la percezione di tali problematiche e con essa la volontà di mobilitarsi per porvi fine. Sono così ulteriormente cresciuti nell’anno appena trascorso a livello internazionale due essenziali movimenti di lotta, il primo contro la distruzione dell’ambiente – indispensabile allo sviluppo della civiltà umana – e l’altro contro la subordinazione della donna da parte dell’uomo.

Anche dal punto di vista dell’eguaglianza il capitalismo non ha certo contribuito a eliminare le enormi differenze di reddito fra un numero sempre più ristretto di persone ricchissime e un numero sempre maggiore di persone che, per poter sopravvivere, debbono costantemente riuscire a vendere la loro forza-lavoro, ovvero trovare un capitalista disponibile a sfruttarla. Anche in questo caso, a livello internazionale, gli unici paesi in cui un numero sempre maggiore di persone esce dallo stato di povertà sono proprio i paesi con un sistema misto, con elementi di socialismo e di capitalismo in competizione fra loro, come la Repubblica popolare cinese e il Vietnam.

Infine, pure per quanto concerne la fraternità, la società capitalista anche in quest’ultimo anno ha tradito le proprie promesse, andando incontro a un ennesimo fallimento. In effetti, non solo non ha ridotto le guerre e i conflitti a livello internazionale, ma li ha ampliati, tanto che persino il papa denuncia che è in atto una vera e propria terza guerra mondiale, anche se articolata in una grande quantità di conflitti particolari. Inoltre, l’affermazione dei paesi capitalisti contro quelli socialisti e poi contro quelli del terzo mondo non solo non ha fatto diminuire i conflitti religiosi a livello internazionale, ma ha alimentato lo svilupparsi a livello internazionale di forze fondamentaliste, integraliste e intolleranti. Queste ultime, anche nel corso del 2019, hanno trovato forme di accordi tattici con le forze imperialiste e sono state efficacemente contrastate a livello internazionale, essenzialmente, dalle sole forze antimperialiste. La diabolica spirale fra aggressioni imperialistiche e attentati terroristici continua ad autoalimentarsi a livello globale. Tutto ciò, insieme alle enormi ondate migratorie prodotte dall’affermazione del mercato mondiale e all’imperialismo che, al solito, porta avanti la consolidata tattica del divide et impera, ha fatto crescere in tutti i paesi capitalisti la xenofobia e il razzismo.

In effetti un’altra caratteristica negativa, che purtroppo si è ulteriormente rafforzata in quest’ultimo anno sostanzialmente in tutti i paesi capitalistici, è la crescita e la diffusione di forze di destra più o meno radicali ed estreme. Forze che il capitalismo in crisi pare riprodurre costantemente al proprio interno e che si battono apertamente contro l’idea stessa di fraternità ed eguaglianza, mettendo seriamente a repentaglio, con le proprie pulsioni totalitarie e la propria conclamata intolleranza, la stessa libertà dell’individuo. Tanto che in diversi paesi capitalisti la democrazia rischia di ridursi a dover scegliere ogni quattro o cinque anni, fra la peste o il colera, ovvero fra i sostenitori del pensiero unico neoliberista dominante o la destra radicale, guerrafondaia e xenofoba. Tanto che il capitalismo si mostra sempre più antitetico, intollerante nei riguardi della stessa democrazia – altra promessa ampiamente tradita – dal momento che vi è una costante riduzione della effettiva sovranità popolare, dal momento che un numero sempre maggiore di esponenti delle masse perdono interesse alla vita politica, al punto da non andare nemmeno più a votare ogni tot anni.

Ancora meno, anche nel corso del 2019, il capitalismo è stato in grado di arginare il conflitto e la lotta fra le classi sociali. In tutti i paesi capitalisti le classi dominanti hanno continuato a portare avanti senza tregua la lotta di classe contro i subalterni, cercando di imporre in modo sempre più dispotico il loro domando sulla forza lavoro ridotta a merce, cercando di aumentare lo sfruttamento dei lavoratori salariati, imponendo un aumento dell’orario di lavoro (anche mediante un aumento dell’età necessaria per andare in pensione) e dei ritmi di lavoro. La grande borghesia ha imposto in modo diretto e indiretto la riduzione del potere d’acquisto dei salari, della differenza fra il reddito da lavoro salariato e il reddito da capitale, la riduzione del salario indiretto – ovvero della quantità e qualità di servizi sociali a prezzi calmierati o tendenzialmente gratuiti – e del salario differito, ossia pensioni e trattamento di fine rapporto di lavoro. Inoltre la classe dominante nei paesi capitalisti ha continuato, anche nel 2019, a far crescere il debito pubblico a vantaggio del credito privato, rendendolo di fatto inestinguibile e garantendosi, così, di vivere per sempre di rendita – grazie ai crescenti interessi sul debito – a danno dei contribuenti, ovvero in primo luogo dei lavoratori salariati.

Del resto nel 2019 non è certo diminuito lo sviluppo in senso monopolistico del capitalismo, con le piccole e medie imprese sempre più fatte chiudere o poste sotto il controllo diretto e indiretto di multinazionali sempre più potenti degli stessi Stati nazionali. Perciò, grazie anche al crescente debito pubblico, le politiche economiche dei governi nazionali – alla faccia della democrazia e della sovranità popolare – sono state sempre più commissariate da istituzioni transnazionali del capitale finanziario e sottratte a ogni forma di controllo democratico. Per cui le stesse costituzioni, le leggi fondamentali dello Stato – che hanno segnato la sconfitta delle forme assolutistiche e dispotiche di potere – hanno perso sempre di più il loro potere reale, dinanzi alle decisioni imposte dagli organismi transnazionali del grande capitale finanziario.

Del resto nel 2019 non è certamente diminuito nei paesi capitalistici l’alienazione del lavoro, la mercificazione e la reificazione, tratti caratteristici del modo capitalistico di produzione. La stessa cultura, gli stessi beni culturali sono sempre più mercificati, prodotti dell’industria culturale e sempre più finalizzati ad aumentare in modo diretto i profitti di chi li produce, o ad accrescere la sua capacità di egemonia – ossia di dominio con il consenso dei subalterni – mediante la crescente affermazione del pensiero unico dominante (neoliberale).

D’altra parte la pace sociale – altra promessa da marinaio dell’ideologia dominante – è stata, fortunatamente, turbata non solo dalla guerra di classe condotta costantemente dai ceti sociali dominanti contro i subalterni, ma dalla reazione di questi ultimi. Uno dei tratti più significativi e incoraggianti del 2019 è la ripresa – per quanto in modo essenzialmente spontaneo, disorganizzato e disorganico – della lotta di classe dei ceti subalterni, forma più o meno esplicita di rivolta contro il modo capitalistico di produzione dominante, sempre più irrazionale e ingiusto.

19/01/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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