Analisi delle elezioni federali in Canada

Lo scorso 28 aprile, i canadesi hanno scelto Mark Carney e il Partito Liberale, respingendo l’ondata trumpiana: una vittoria simbolica contro l’aggressività statunitense. L’analisi del Partito Comunista del Canada denuncia però le contraddizioni neoliberiste e militariste del nuovo governo.


Analisi delle elezioni federali in Canada

Lo scorso 28 aprile i cittadini canadesi sono tornati alle urne per eleggere la 45ᵃ legislatura federale, in un clima politico contraddistinto da un’accesa polarizzazione interna e da tensioni crescenti con gli Stati Uniti. Contro le previsioni di molti media, il Partito Liberale (Liberal Party of Canada) di Mark Carney ha conquistato il maggior numero di seggi, imponendosi sul Partito Conservatore (Conservative Party of Canada) di Pierre Poilievre e suggellando un vero e proprio ribaltone rispetto ai principali sondaggi pre-elettorali. Il risultato è stato inoltre salutato come una pesante sconfitta per l’amministrazione Trump, che, dopo aver celebrato la fine del precedente governo liberale di Justin Trudeau, aveva puntato sul rafforzamento dei legami con Ottawa e sull’“America First” anche in salsa nordamericana.

Fino a poche settimane dal voto, in effetti, i principali istituti di ricerca davano in netto vantaggio i Conservatori, con una forbice di circa venti punti percentuali sui Liberali. Questa situazione era stata causata soprattutto dalle dimissioni dell’allora primo ministro Justin Trudeau, che, dopo dieci anni di governo, aveva lasciato la guida del partito lo scorso gennaio, aprendo una fase di rinnovamento che non sempre è stata vista positivamente dagli elettori. Tuttavia, la politica di Donald Trump verso il Canada, con la minaccia dell’imposizione di dazi fino al 25% sulle importazioni canadesi di acciaio e alluminio, insieme a dichiarazioni pubbliche apertamente ostili, hanno alimentato un sentimento anti-trumpiano presso molti elettori indecisi, allontanandoli di conseguenza dai Conservatori, visti come più concilianti nei confronti di Washington.

A ciò si è aggiunto il meccanismo del voto strategico, promosso dai Liberali per concentrare il consenso su un singolo candidato nei collegi in bilico contro i Conservatori: una tattica che ha incanalato il malcontento di gran parte dell’elettorato verso la formazione di Carney, trasformando quello che sembrava un vantaggio tattico in una vera e propria travolgente ondata liberale.

Secondo gli analisti, dunque, il 49% ottenuto dai Liberali, con 168 seggi conquistati sui 343 a disposizione (un incremento di otto rispetto alla precedente legislatura), ha dimostrato la capacità del partito di Mark Carney di raccogliere non solo il tradizionale elettorato vicino al partito, ma anche settori moderati spaventati dall’aggressività trumpiana. Dal canto loro, i Conservatori hanno certamente ottenuto un sostanzioso incremento di 25 seggi – il miglior risultato in termini di voto popolare dal 1988 –, ma non sono riusciti a strappare la leadership del governo, restando dunque la principale forza di opposizione in Parlamento. Infine, la crescita dei due partiti principali ha portato al netto arretramento degli altri partiti, come Bloc Québécois, NDP (New Democratic Party) e Verdi, il che sottolinea la tendenza del voto a polarizzarsi intorno ai due grandi schieramenti soprattutto in chiave antitrumpiana.

Per queste ragioni, la vittoria di Carney è stata accolta con soddisfazione da molti osservatori internazionali come un colpo alle aspirazioni – troppo spesso sbandierate dallo stesso Trump – di spingere il Canada in un’orbita sempre più subordinata agli Stati Uniti. L’idea, ventilata in diverse occasioni da Trump, di fare del Canada il “51° stato” degli Stati Uniti è stata respinta con forza dal nuovo primo ministro: «Gli Stati Uniti non sono il Canada. Il Canada non diventerà mai, in nessuna circostanza, parte degli Stati Uniti», ha affermato Carney. Inoltre, l’imposizione di tariffe su acciaio e alluminio aveva già provocato tensioni economiche nei centri manifatturieri canadesi; con il trionfo liberale, la strategia di “massimizzazione del conflitto” di Trump ha ottenuto come unica conseguenza un rafforzamento delle forze contrarie alla sua visione unilaterale. Infine, Carney ha promesso di restituire al Canada un ruolo di mediazione a livello globale, in contrapposizione all’approccio basato sulla forza e sui dazi, sposando anche l’idea di un’alleanza transatlantica ammodernata e non più egemonizzata da Washington.

Tuttavia, il successo dei Liberali non può essere considerato come una vera vittoria per le classi lavoratrici canadesi, visto che si inserisce nella continuità con i precedenti governi di Justin Trudeau. Oltretutto, su molte questioni fondamentali le posizioni di Liberali e Conservatori non sono così distanti fra loro, riproponendo una situazione tipica di molte democrazie borghesi. Come sottolineato in un comunicato diffuso dal Comitato Esecutivo Centrale del Partito Comunista del Canada (Communist Party of Canada), «il nuovo Parlamento è dominato da Liberali e Conservatori che vedono il loro principale compito internazionale nell’aumentare la spesa militare per la NATO, il NORAD (Comando di Difesa Aerospaziale del Nord America, ndr), nella militarizzazione dell’Artico, nei cacciabombardieri e nelle navi da guerra, e nel “creare posti di lavoro” espandendo la produzione militare qui in patria», caricando i costi di queste scelte sulle spalle di chi già fatica ad arrivare a fine mese.

Secondo i comunisti canadesi, questa agenda comporterà gravi effetti negativi, come l'aumento delle emissioni di carbonio e conseguenze drammatiche per l’ambiente, ignorate tanto dai Liberali quanto dai Conservatori; la privatizzazione dei servizi sociali come Medicare, l’istruzione, gli asili nido e persino Canada Post, che rischiano di essere smembrati per fare cassa; la repressione dei diritti, con tagli a salari, pensioni e redditi delle classi lavoratrici, mentre si incentivano le industrie belliche e i settori a bassa sostenibilità.

Nel loro appello diffuso in occasione del Primo Maggio (che in Canada, come negli Stati Uniti, non è un giorno festivo), i comunisti hanno invitato i lavoratori a unire le forze in un fronte unico per difendere le «vitali conquiste come Medicare, EI (Employment Insurance, ovvero il sistema di indennità di disoccupazione del governo canadese, ndr), pensioni e tanto altro che le lotte sindacali militanti hanno ottenuto negli ultimi otto decenni». «Questo è il momento per i lavoratori di chiedere solidarietà e unità con i lavoratori di tutto il mondo che lottano contro le stesse corporazioni sfruttatrici, le stesse minacce e attacchi dall’imperialismo statunitense e dai suoi alleati, incluso il governo canadese», termina il comunicato del Partito Comunista.

In conclusione, sebbene la vittoria di Mark Carney rappresenti una durissima sconfitta per Donald Trump, testimoniando il rifiuto da parte degli elettori canadesi di un modello di politica estera aggressivo e dominato dai dazi, l’analisi del Partito Comunista del Canada mette in guardia dalle contraddizioni interne del nuovo governo, chiamato a bilanciare le spinte liberali e progressiste di una parte del suo elettorato con le forti tentazioni militariste e neoliberiste. In questo senso, il risultato elettorale non è che l’innesco di una nuova stagione di lotte: i lavoratori canadesi — come quelli di tutto il mondo — sono chiamati a prendere in mano il proprio futuro, unendo le forze in un fronte comune contro il capitalismo predatorio e l’imperialismo. Solo così si potrà trasformare la sconfitta di Trump in un vero successo per il movimento operaio e popolare.

02/05/2025 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Giulio Chinappi

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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