La scuola di Renzi non è buona

Il movimento della scuola e la battaglia dell’area sindacale “Il sindacato è un'altra cosa” in Flc-Cgil. Storia di un anno di mobilitazioni contro la cosiddetta riforma imposta dal governo targato Pd. L’elemento determinante finora e per il rilancio di lotta più generale contro l’austerità è la costruzione di un fronte unico dal basso dei lavoratori, al di là delle sigle di appartenenza.


La scuola di Renzi non è buona

Il movimento della scuola e la battaglia dell’area sindacale “Il sindacato è un'altra cosa” in Flc-Cgil. Storia di un anno di mobilitazioni contro la cosiddetta riforma imposta dal governo targato Pd. L’elemento determinante finora e per il rilancio di lotta più generale contro l’austerità è la costruzione di un fronte unico dal basso dei lavoratori, al di là delle sigle di appartenenza.

di Francesco Locantore

Il movimento della scorsa primavera contro la cosiddetta “Buona Scuola” è stata un'esperienza straordinaria di mobilitazione, sostenuta da un cartello unitario di organizzazioni sindacali di categoria, che per la prima volta ha messo insieme le organizzazioni firmatarie del contratto e i sindacati di base, coprendo praticamente tutto l'arco dei sindacati della scuola.

Come si è arrivati a questa risposta unitaria e allo stesso tempo radicale contro le proposte del governo? Per capirlo bisogna fare un passo indietro fino all'estate dello scorso anno, quando il governo Renzi ha cominciato a scoprire le carte rispetto alle intenzioni di riforma della scuola.

In occasione delle dichiarazioni rilasciate da vari esponenti del governo, all'inizio di luglio del 2014, sull'aumento dell'orario di lavoro nelle scuole e il conseguente licenziamento di centinaia di migliaia di precari e sulla necessità di dare più poteri ai dirigenti scolastici, l'area “Il sindacato è un'altra cosa” in Flc-Cgil ha cominciato una battaglia dentro gli organismi sindacali e tra i lavoratori, per organizzare una risposta di massa agli attacchi del governo. Oltre a chiedere una presa di posizione al gruppo dirigente della Flc, l'area si è impegnata a sostenere e ha contribuito a costruire con i propri militanti le esperienze di autorganizzazione trasversali alle appartenenze sindacali, come i Lavoratori autorganizzati della scuola di Roma e i coordinamenti tra i lavoratori, precari e non, a Milano, Torino e nella Versilia.

Insieme a questi coordinamenti abbiamo preso una posizione di netta contrarietà alle proposte che sono state diffuse a settembre con il dossier “La buona scuola” del Presidente del Consiglio e abbiamo chiesto l'indizione di uno sciopero unitario in autunno. In quella occasione l'appello fu raccolto dalle organizzazioni studentesche e dai sindacati di base, che convocarono lo sciopero e la manifestazione del 10 ottobre. Nonostante una partecipazione di settori importanti della stessa Flc a quella lotta, l'organizzazione era ferma alle posizioni espresse dal direttivo di settembre, in cui si dava una valutazione “luci ed ombre” della buona scuola, insistendo con Cisl e Uil solo sul punto del rinnovo del contratto.

C'è voluta una lunga maturazione delle posizioni dei principali sindacati di categoria, passando attraverso la campagna per il rinnovo delle Rsu, in cui i sindacati si sono trovati di fronte alla pressione dei lavoratori nelle assemblee, che chiedevano sì l'unità sindacale, ma con il preciso obiettivo di bocciare la “Buona “Scuola” di Renzi.

Con l'elezione delle Rsu molte compagne e compagni dell'area “Il sindacato è un'altra cosa” hanno conquistato la fiducia dei lavoratori e delle lavoratrici su una linea combattiva. In generale è emersa una nuova generazione di militanti sindacali – molti sono stati gli eletti tra i precari e tra i neo immessi che hanno partecipato alle mobilitazioni dei precari negli anni scorsi – che concepiscono il ruolo della rappresentanza sindacale nella scuola non limitato alla spartizione delle poche risorse del fondo d'istituto, ma come punto di riferimento politico-sindacale per la battaglia in difesa della scuola pubblica.

Sono state proprio queste nuove Rsu a imporre una linea combattiva e unitaria alle direzioni sindacali. E' significativo che la decisione di convocare lo sciopero del 5 maggio sia maturata dopo la grande assemblea di oltre 500 Rsu di Roma, quando un compagno aderente all'area sindacale e ai lavoratori autoconvocati è intervenuto chiedendo che ci si esprimesse sulla necessità di uno sciopero unitario, ottenendo un consenso unanime tra i presenti.

Da quel momento tutti i sindacati di categoria hanno innescato un movimento di massa che si è espresso con lo sciopero, il boicottaggio delle prove Invalsi (nonostante le riserve della Cisl), il blocco degli scrutini, le tante manifestazioni di piazza e i presidi davanti al Parlamento.

Se non si può rimproverare nulla in questa fase alle direzioni dei sindacati di categoria e in particolare alla Flc, bisogna però dire chiaramente che la categoria è rimasta isolata nella lotta, nell'indifferenza delle burocrazie sindacali confederali, se non in aperto boicottaggio della mobilitazione. Questo è stato sicuramente il caso della segretaria confederale della Cisl Anna Maria Furlan, che ha sconfessato il suo stesso sindacato di categoria, prendendo le distanze dal blocco degli scrutini. Anche Susanna Camusso, tuttavia, lungi dal promuovere una ripresa delle lotte anche in altre categorie, ha commentato tiepidamente dopo l'approvazione del ddl alla Camera che il progetto era “migliorabile”, mentre tutto il movimento ne chiedeva il ritiro. L'area “Il sindacato è un'altra cosa” ha sottolineato fin da subito la necessità di una generalizzazione della lotta contro il governo Renzi anche alle altre categorie, come condizione necessaria per vincere anche la battaglia sulla scuola, a fronte della determinazione del governo nell'imporre le politiche di austerità anche in questo settore.

Con l'approvazione della legge 107 di riforma della scuola, il movimento sindacale ha perso una battaglia importante e si trova oggi a un bivio. Può scegliere di gestire la legge, cercando (illudendosi) di limitarne i danni, oppure continuare la lotta per arrivare alla sua abrogazione. La forza messa in campo dal movimento della scorsa primavera consentirebbe di perseguire la seconda ipotesi, ma perché ciò avvenga è necessario che le lavoratrici e i lavoratori della scuola non assumano un atteggiamento di delega ai gruppi dirigenti delle organizzazioni sindacali, ma siano ancora i protagonisti della ripresa della lotta alla riapertura delle scuole.

L'area sindacale “Il sindacato è un'altra cosa” in Flc propone di lanciare da subito il boicottaggio della legge 107, cominciando a non eleggere in collegio i due rappresentanti dei docenti nel comitato di valutazione; il blocco di tutte le attività aggiuntive: funzioni strumentali, progetti, viaggi di istruzione, coordinatori di classe, ecc. come si fece nel 2012 per bloccare la proposta di Profumo di aumento dell'orario di lavoro; uno sciopero della scuola entro ottobre (su questo ha preso posizione anche il direttivo Flc nell'ultima riunione) per il rinnovo dei contratti pubblici, ma anche per l'abrogazione della “Buona Scuola”; la messa in discussione delle limitazioni al diritto di sciopero nei servizi pubblici a partire dal ritiro della firma di Cgil, Cisl e Uil dagli accordi attuativi; l'allargamento del fronte di lotta a tutti i lavoratori del settore pubblico e del settore privato, agli studenti medi e universitari, per un autunno di lotta e uno sciopero generale intercategoriale contro le politiche di austerità del governo Renzi. Infine l'area appoggerà tutte le iniziative per l'abrogazione della buona scuola, con la consapevolezza che le iniziative referendarie o giudiziarie sono destinate a perdere se non accompagnate dalle mobilitazioni nei luoghi di lavoro.

26/07/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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