Sipari sempre aperti

Intervista a Maurizio Coroni, animatore di Sipari sempre aperti, una iniziativa di lotta dei lavoratori dello spettacolo per risolvere i problemi strutturali dei teatri e di chi ci lavora.


Sipari sempre aperti

In seguito alla situazione venutasi a creare con la forzata chiusura dei teatri, un gruppo di lavoratrici e lavoratori delle realtà teatrali delle provincie di Livorno, Lucca e Pisa ha deciso di organizzarsi per dare vita ad un percorso che partendo dall’attuale crisi metta in discussione il sistema teatro così come lo abbiamo conosciuto.

Il teatro va ripensato come luogo sempre aperto di aggregazione, sperimentazione di nuove forme di socialità e sostegno all’educazione e alla formazione, di partecipazione e costruzione di percorsi e progettualità diverse e alternative a quelle fino ad oggi esperite ed anche come laboratorio per lo sviluppo di un nuovo rapporto fra vita e lavoro all’insegna di una qualità più alta per entrambi.

Ne parliamo con Maurizio Coroni.

D. I lavoratori e le lavoratrici dello spettacolo si stanno mobilitando da mesi per chiedere maggiori diritti e salari dignitosi. Maurizio puoi raccontare ai nostri lettori il vostro lavoro e le difficoltà che vivete quotidianamente?

R. Le professionalità del mondo dello spettacolo sono molte e molto diverse fra loro, c'è la parte artistica e progettuale, quella organizzativa e amministrativa, il personale di sala e la parte tecnica. Purtroppo a livello di inquadramento contrattuale e di retribuzioni, nel nostro settore, vige una grande frammentazione che si accompagna ad una storica diffusione delle più diverse forme di precariato.

La recente crisi legata all'emergenza Covid-19 ha fatto esplodere questa situazione, le grandi differenze di tutele e di contratti hanno influito pesantemente sulla possibilità di accesso alle varie forme di ammortizzatori sociali e di sostegno al reddito, acuendo le disparità già presenti.

A ciò si aggiunga che il mondo della cultura e dello spettacolo sono (come spesso succede) il fanalino di coda nelle priorità di intervento da parte di tutte le istituzioni.

D. Per che cosa lottate?

R. In questa situazione stiamo cercando di organizzarci, a partire dal livello territoriale, per rivendicare uniformità nei contratti e nelle tutele estendendole il più possibile, forme di sostegno al reddito strutturali per i periodi di minore attività, forme di partecipazione ai livelli decisionali e di programmazione delle attività che producano coperture contrattuali di ampio respiro e il riconoscimento delle professionalità.

D. Come ogni lotta per vincerla è necessario organizzarsi, espandersi, cercare alleati anche in altri settori. Come si sta sviluppando il vostro movimento e quali possono essere i vostri alleati principali?

R. Noi riteniamo che sia necessario partire dal livello territoriale elaborando piattaforme rivendicative comuni che poi debbano essere declinate nelle varie realtà.

I teatri sono spesso Fondazioni a partecipazione pubblica in cui i Cda sono espressioni delle amministrazione pubbliche e quindi di nomina politica, per cui non abbiamo una controparte omogenea. Allargarsi ad altri settori è certamente uno dei nostri obiettivi, ma come dicevo per noi è importante partire dal basso e riunire le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo nella loro grande frammentazione.

A livello nazionale si sono formati e stanno nascendo altri coordinamenti e collettivi e certamente a settembre, quando i nodi verranno al pettine, sarà necessario trovare una sintesi delle varie esperienze così da potersi confrontare direttamente con i ministeri del lavoro e della cultura.

Abbiamo già dato vita a 2 iniziative una Pisa ( a giugno) e una a Livorno (a luglio) per presentarci e esporre le nostre rivendicazioni. Questo il nostro manifesto

SIPARI APERTI SEMPRE
 
In seguito alla situazione venutasi a creare con la forzata chiusura dei teatri, un gruppo di lavoratrici e lavoratori delle realtà teatrali delle provincie di Livorno, Lucca e Pisa ha deciso di organizzarsi per dare vita ad un percorso che partendo dall’attuale crisi metta in discussione il sistema teatro così come lo abbiamo conosciuto.

La forzata chiusura dei teatri in tempi di emergenza coronavirus impone agli operatori dello spettacolo (con qualsiasi inquadramento contrattuale e di mansione) una riflessione approfondita e rinnovata sul ruolo sociale del teatro e contestualmente sulla loro condizione di lavoratori.

Il teatro va ripensato come luogo sempre aperto di aggregazione, sperimentazione di nuove forme di socialità e sostegno all’educazione e alla formazione, di partecipazione e costruzione di percorsi e progettualità diverse e alternative a quelle fino ad oggi esperite ed anche come laboratorio per lo sviluppo di un nuovo rapporto fra vita e lavoro all’insegna di una qualità più alta per entrambi.

Proprio per questo si rende necessario un coinvolgimento diretto di tutti lavoratori nei processi creativi e produttivi inerenti alla creazione di spettacoli o eventi, nell’ottica di valorizzazione delle professionalità acquisite e per un efficace utilizzo delle stesse per prevenire sprechi nel nome dei quali sono stati spesso operate riduzioni di personale, diritti e retribuzioni.

Convinti che la situazione attuale non si possa superare con il ritorno ad un passato di precarietà lavorativa ed esistenziale chiediamo a gran voce l’immediato aumento degli investimenti pubblici nel settore teatrale (e culturale in genere) quanto meno al livello dei più importanti paesi europei.

L’indicazione deve essere quella della re-internalizzazione di tutti i servizi alle attività dello spettacolo (costruzione scenografie, sicurezza, logistica, facchinaggi, pulizie, sanificazione, ...) che valorizzi le realtà produttive e le figure professionali presenti sul territorio attraverso la formazione delle maestranze che limiti l’uso di manodopera non specializzata a basso costo.

Ripensare il teatro significa anche redistribuire orari e carichi di lavoro per una migliore qualità del lavoro e della vita nel pieno riconoscimento delle professionalità a livello contrattuale e retributivo, ma anche interrogarsi sul rapporto fra proposta artistica e territorio, in un continuo scambio fra locale e globale.

In questo senso è di vitale importanza creare nuclei artistici e formativi stabili che mantengano viva la relazione con il pubblico, con le scuole e con coloro che fanno vivere un luogo teatrale.

Se è vero che in ambito di produzione artistica non si possono avere contratti stabili è altrettanto vero che non si può relegare la produzione artistica e la formazione ad ancella della politica e dei vari direttori che essa installa.

Il rapporto di lavoro in ambito artistico non si può ridurre a recepire ordini esecutivi, senza che si tenga nel giusto conto l’esperienza maturata.

Nella maggior parte dei casi la dirigenza, nel sempre più frequente e preoccupante avvicendarsi legato alla politica, non si preoccupa di studiare metodi organizzativi capaci di connettere il progetto artistico con le esigenze di realizzazione tecnico-amministrativa.

CHIEDIAMO QUINDI:
 
·       L’istituzione di un vero e proprio "reddito di emergenza" che possa traghettare l'intero settore fino alla sua completa entrata a regime.
·       L’Istituzione dell'obbligo di applicazione dei CCNL di riferimento, a tutte le categorie di lavoratori (estendendo le tutele e rivedendo i parametri anche alle realtà di giro) al fine di evitare la frammentazione contrattuale e la conseguente disparità di trattamento economico e di accesso agli ammortizzatori sociali
·       A garanzia di una maggiore stabilità lavorativa chiediamo una penalizzazione a livello tariffario delle assunzioni a chiamata giornaliera in modo da scoraggiarle
·       La valorizzazione delle competenze acquisite come risorsa mediante l’utilizzo del modello delle graduatorie pluriennali stilate attraverso il coinvolgimento del settore di riferimento
·       Il coinvolgimento di tutti i livelli territoriali e istituzionali per la stesura di una riforma sostanziale del settore
·       Richiesta di partecipazione ai CDA dei teatri di una rappresentanza dei lavoratori
·       L'accoglienza e attuazione di proposte di riorganizzazione/utilizzo alternativo degli spazi al fine di generare un aumento del numero di aperture ed estensione temporale dell'utilizzo degli spazi al fine di compensare la riduzione di pubblico imposta dai protocolli di sicurezza
·       Internalizzazione dei servizi attraverso formazione specifica e valorizzazione delle professionalità esistenti
·       Riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario per garantire incremento occupazionale e migliore qualità del lavoro e della vita

Ci rivolgiamo a tutti i lavoratori del settore dello spettacolo che svolgono la propria attività nelle altre province toscane. A tutti loro va il nostro appello di riunirsi in un’unica realtà che possa essere rappresentativa del settore nella Regione Toscana.

I teatri devono tornare ad essere i luoghi dove si immagina e si crea quello che ancora non c’è e non più feudi a difesa di un esistente incapace di dare risposte.

09/08/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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