Quali sono i motivi della crisi? Quali gli scenari futuri?

I media non espongono le ragioni reali della crisi di governo mentre i diversi interessi delle varie fazioni della borghesia sono celati dietro scontri fra leader. Sarebbe utile che i lavoratori li conoscessero per mettere in campo anche i propri interessi.


Quali sono i motivi della crisi? Quali gli scenari futuri?

La crisi del governo è arrivata al suo epilogo con le dimissioni del presidente del consiglio Conte.

Sviluppi ed esiti di questa crisi annunciata sono ancora tutti da scoprire. Non ci interessano i giochetti parlamentari, quale la nascita di gruppi parlamentari trasversali nel tentativo di trovare una via di uscita che consenta al governo dimissionario di presentarsi di nuovo alle Camere con qualche senatore in più. Renzi si è detto favorevole a un mandato esplorativo, ma non a Conte. Quest’ultimo si augura di avere i numeri sufficienti per varare un nuovo esecutivo che potrebbe essere anche di “emergenza nazionale” con il sostegno di parlamentari dell’attuale opposizione. Dal canto suo Salvini sta provando a tenere coesa la coalizione promettendo a Berlusconi la candidatura come presidente della repubblica una volta terminato il mandato di Mattarella.

E se il Partito democratico e Leu non vogliono sentir parlare di nuove elezioni, il Mov 5 Stelle parrebbe propenso all’eventuale ritorno alle urne per mantenere quella coesione interna ormai da tempo in frantumi a seguito della emorragia di consensi.

Il governo rimane in carica per sbrigare gli affari correnti a partire dal decreto Ristori approvato dai due rami del parlamento con un nuovo deficit di 32 miliardi di euro. Fino al 31 Gennaio sono sospese le cartelle esattoriali e si sta valutando un’ulteriore sospensione con la possibilità di accordare alle partite Iva ulteriori rinvii delle spettanze dovute al fisco.

Quasi due settimane fa Conte ha incassato la fiducia al Senato con 156 voti, tre dei quali da senatori a vita; sicuramente più del previsto ma ancora lontani dalla maggioranza assoluta a Palazzo Madama pari a 161 voti.

Responsabili o volenterosi come li si voglia chiamare, parliamo di parlamentari eletti nel centro-destra e disposti a votare un esecutivo formato da Pd e 5 Stelle, sono l’ago della bilancia pronti a far valere il loro voto in cambio di contropartite che sposterebbero l’esecutivo verso posizioni più concilianti con la destra in materia di economia e giustizia.

Non sono certo scenari edificanti quelli ai quali assistiamo impotenti, certo che i motivi della crisi sono ben diversi da quanto creda l’opinione pubblica.

La classe politica si è autoassolta davanti alla pandemia, la sanità pubblica è al collasso e la sua tenuta dipende dal sacrificio di tanti lavoratori e lavoratrici che hanno pagato sulla loro pelle la lotta al Covid. L’immunità di gregge, prevista per l’estate 2021, è già slittata al 2022: le grandi società farmaceutiche produttrici del vaccino fanno il bello e il cattivo tempo ricattando i paesi europei e disattendendo gli impegni assunti. Sono in gioco le vite di milioni di uomini e donne ma la nostra salute non è motivo sufficiente per rivedere le politiche in materia di ricerca e sanità. Se i centri di ricerca fossero stati finanziati e impegnati per produrre un vaccino italiano oggi non saremmo ostaggio delle multinazionali del farmaco. Ma un’ipotesi del genere avrebbe avuto bisogno di una sanità pubblica funzionante e di un’economia a fini sociali e non di mercato.

E in materia di lavoro?

Prima della sua caduta il governo Conte era davanti a un bivio: avrebbe dovuto decidere in materia di proroga del divieto di licenziamento (escludendo le aziende con calo di fatturato?) fino all’estate, accordare la proroga per tutta la emergenza Covid agli ammortizzatori sociali ormai agli sgoccioli, sottoscrivere i contratti nazionali per 3, 2 milioni di dipendenti pubblici, entrare nel merito di welfare e pensioni.

La crescita del debito pubblico è indispensabile in questa fase di crisi e la soluzione prospettata da molti era quella di rivedere, al ribasso, i coefficienti pensionistici: un ulteriore e duro colpo assestato alla previdenza pubblica, indebolendo ulteriormente il potere di acquisto dei pensionati.

I veri motivi della crisi sono stati occultati all’opinione pubblica. Essi si chiamano conflitto tra gli assertori del Recovery e quanti vogliono puntare sul Mes, accrescendo il debito e il ricatto della Bce. Si tratta di prestiti onerosi con pericolose contropartite come la privatizzazione dei beni comuni, l’ennesima controriforma in materia di lavoro, pensioni e welfare. Tuttavia alcune di queste condizioni sono già scritte nel Recovery. Eppure non abbiamo sentito un giornalista soffermarsi su certi punti dando un senso a quell’ormai inesistente diritto all’informazione.

Di questi argomenti si è discusso assai poco, preferendo celare la crisi dietro gli scontri tra leader politici, senza mai collegare la lotta fra fazioni alle ricette economiche e sociali di cui esse si fanno interpreti.

Agli occhi del popolo la crisi è stata causata dall’ingordigia di Renzi alla ricerca di consensi maggiori dell’attuale 3%, ma nessuno ha mai scelto di esplicitare quali siano gli interessi materiali che hanno spinto Italia Viva verso l’uscita dal governo.

E dietro al populismo delle destre si occulta l’ennesima ricetta neoliberista, il trionfo del mercato sulle ragioni del lavoro; insomma l’ennesimo teatrino della politica per trasformare gli scontri in atto all’interno della borghesia e del capitale (perché le ragioni della classe lavoratrice sono silenti) in una sorta di agone tra leader politici.

Se chiedessimo in giro quali siano le cause di questa crisi, otterremo risposte vaghe e confuse perché l’intero dibattito politico e giornalistico ha rimosso le autentiche ragioni della caduta del governo Conte, la posta in gioco e le scelte dirimenti per le sorti del paese.

E ripartire dalle reali cause della crisi governativa non è un mero esercizio intellettuale ma piuttosto una necessità per comprendere gli scenari presenti e futuri, la posta in gioco dietro alle contese partitiche.

Acquisire consapevolezza e coscienza degli interessi reali in gioco sarebbe un segnale di rottura con la supina accettazione dello status quo e aiuterebbe a la classe lavoratrice a definire con chiarezza i propri interessi senza cedere alle lusinghe dei pifferai del capitale.

29/01/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Federico Giusti

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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