Per una forte opposizione al governo di destra

L’urgenza di costruire un vasto fronte di opposizione al governo non è in contraddizione con l’obiettivo dell’unità dei comunisti. Ma entrambe le cose richiedono chiarezza di prospettive e non ripercorrere gli errori del passato.


Per una forte opposizione al governo di destra Credits: https://formiche.net/2023/05/meloni-governo-italia-usa-cina-memorandum/

 

Il fascismo non corrisponde a una condizione patologica del capitalismo. Al contrario, a seconda della situazione oggettiva, dei rapporti di forza fra le classi e di alcuni elementi sovrastrutturali, possono costituire l’habitat preferito del capitale sia la democrazia formale borghese, preferibilmente depotenziata al massimo livello possibile, sia uno Stato liberticida.

Nei momenti di crisi in particolare, specie se se i rapporti di forza sono particolarmente favorevoli alla classe dominante e se le alternative democratiche sono deboli, le torsioni autoritarie permettono con maggiore facilità di piegare la resistenza dei lavoratori e quindi di imporre politiche sociali volte a sostenere i profitti aumentando lo sfruttamento del lavoro e diminuendone le tutele.

Era facilmente prevedibile – e venne previsto dalle analisi più attente – che la lunga crisi attuale del capitalismo fosse aperta a due possibili sbocchi alternativi, quello di una trasformazione sociale compatibile con una prospettiva socialista, in cui progrediscono le condizioni delle classi sfruttate e il loro potere, e l’altro sbocco consistente nell’autoritarismo di stampo fascista e nella guerra.

In Occidente, dato lo stato comatoso dei partiti comunisti e socialisti, interessati da mille assurde divisioni e da una grave insufficienza analitica e propositiva, e la deriva culturale della “sinistra democratica” e di governo, che ha lavorato solo per il peggioramento delle classi sociali sfruttate, l’esito che si va delineando a chiare e fosche tinte è una conseguenza per niente imprevedibile.

Naturalmente il crollo del campo socialista nell’Est dell’Europa, diminuendo gli spazi per politiche autenticamente riformiste e frustrando la fiducia in trasformazioni socialmente avanzate, ha avuto un ruolo importante, ma in Italia, ove era presente il maggior partito comunista dell’Occidente, debbono esserci state anche ragioni specifiche per giungere a questo deserto della sinistra.

Una causa è da riscontrare nelle politiche sociali dei governi di centrosinistra che non si sono distinte minimamente da quelle delle destre: privatizzazioni, precarietà del lavoro, smantellamento del sistema pensionistico e sanitario, aziendalizzazione della scuola. Queste politiche hanno determinato un livello di sofferenza sociale tale che – di fronte all’assenza di una sinistra credibile – è stato buon gioco delle destre cavalcare il malcontento, incolpando la sinistra e individuando nemici immaginari, quali per esempio i migranti.

Anche sul terreno democratico non è che il centrosinistra abbia fatto un buon lavoro. La grave riforma costituzionale di Renzi fu fermata solo dal referendum popolare, l’autonomia differenziata era stata sostenuta anche da alcuni governatori del Pd, progetti di presidenzialismo erano stati depositati nella scorsa legislatura da parlamentari del Pd, le pessime riforme elettorali che abbattono la rappresentanza e la partecipazione popolare sono state sostenute da quel partito, la concentrazione dei media in pochissime mani è passata senza il minimo contrasto, idem per il taglio del numero dei parlamentari, stessa cosa per il pareggio di bilancio in Costituzione e l’accettazione delle regole di Maastricht, che mettono lo Stato nelle mani della finanza. Anche l’accettazione da parte di partiti e sindacati di pesanti limitazioni al diritto di sciopero e alla rappresentanza nei luoghi di lavoro costituiscono una ferita alla libertà.

C’è stato in definitiva un progressivo impoverimento della nostra democrazia e l’adesione ai comandi delle grandi concentrazioni finanziarie che caldeggiavano fin dagli anni ’70, con la Commissione Trilaterale, e poi, più recentemente, con lingerenza di J.P Morgan, il superamento delle costituzioni europee nate dalla sconfitta del fascismo. Non meno grave è la partecipazione dell’Italia alle guerre della Nato, tra cui la partecipazione indiretta a quella in Ucraina, e lo schiacciamento della politica estera sugli interessi dell’alleato Usa. Mi fa ancora rabbrividire la dichiarazione di D’Alema che, allorquando bombardammo Belgrado, affermò che si era trattato per i nostri aviatori di una positiva “esperienza professionale e umana”.

Questa deriva politica si spiega con l’illusione del Pd di poter essere l’interlocutore privilegiato dell’establishment economico, ma anche con l’adesione convinta alla cultura liberista e alla favola che la libertà economica sia il prerequisito della democrazia.

Se queste sono le indiscutibili responsabilità del centrosinistra e in primo luogo del partito ampiamente maggioritario al suo interno, non bisogna dimenticare quelle dei partiti di sinistra, troppo spesso schiacciati sull’alleanza col Pd, e dei partiti comunisti, divisi in mille rivoli, ininfluenti, spesso malati di elettoralismo e incapaci di radicarsi nella classe lavoratrice, di dotarsi di una piattaforma teorica e politica all’altezza della situazione e di formare nuovi quadri militanti, ripiegati come sono nella cura del loro particolare e nella difesa di un ceto politico che ha dato di sé prove disastrose. Gli stessi processi unitari, troppi per la verità, non si sono mai parlati fra di loro e quindi hanno costituito essi stessi in ulteriore motivo di divisione.

Il risultato di tutto ciò è che abbiamo il governo più a destra dalla caduta del fascismo in poi, in cui sono presenti personalità indiscutibilmente fasciste che stanno intervenendo pesantemente in direzione del revisionismo storico e dell’annichilimento della cultura antifascista, inviando messaggi e anche minacce a chi cerca di resistere e proteggendo di fatto lo squadrismo. L’occupazione su base politica, col peggiore spoil system, dei posti di comando dei più importanti enti e aziende contraddice gli ipocriti richiami al merito; le dichiarazioni del ministro della Difesa Crosetto lasciano intendere che si andrà verso un pesante riarmo e un modello economico basato sulla guerra, a scapito della spesa sociale; le dichiarazioni di stampo razzista del ministro dell’Agricoltura Lollobrigida, la sua teoria della “sostituzione etnica”, confermano il pericolo di una transizione verso un regime neofascista. Anche sul piano sociale il segno di classe del governo è ben chiaro: autonomia differenziata quale smantellamento del welfare universale e grimaldello per reintrodurre di fatto le gabbie salariali, snaturamento del reddito di cittadinanza per rendere più ricattabile e docile la forza-lavoro, flat tax per avvantaggiare i ricchi.

L’urgenza di costruire un vasto fronte di opposizione al governo, mettendo da parte una serie di distinguo che hanno fin qui avvelenato e reso inutile la sinistra, non è in contraddizione con il lavoro per l’unità dei comunisti. Le due cose devono tenersi se vogliamo salvare la nostra democrazia e riaffermare l’indispensabile ruolo dei comunisti per tale salvaguardia. Senza costruire il fronte di opposizione i comunisti non riusciranno a sconfiggere le destre che godono indubbiamente di un discreto consenso di massa e moriranno di autoreferenzialità. Ma nel contempo, le politiche riformistiche non hanno più spazi e sono destinate al fallimento se non matura una consapevolezza di massa che l’uscita in senso progressivo dalla crisi è possibile solo se si introducono elementi di socialismo il che richiede la presenza di un partito comunista organizzato e ben attrezzato ideologicamente. Anche perché serve la consapevolezza che il fascismo è figlio del capitalismo. Senza preclusioni aprioristiche, il fronte di opposizione e l’unità dei comunisti devono essere costruiti a partire dalle cose: rifiuto della guerra, risarcimento dei lavoratori, contrasto alle politiche liberiste, sviluppo della democrazia in senso partecipativo. Sarà l’adesione a questa piattaforma la discriminante. Dobbiamo lavorare per affermare questa semplice piattaforma, consapevoli che anche tanto popolo che fin qui ha dato il “voto utile” al meno peggio – il quale poi arretramento dopo arretramento ci ha condotto al peggio – o che, sfiduciato, si è astenuto dal voto in assenza di credibili alternative alla devastazione sociale in atto, può essere di nuovo mobilitato per la rinascita del nostro paese e per la sua collocazione al di fuori del blocco interimperialista occidentale.

La pretesa della malmessa sinistra esistente di fare egemonia nel campo liberista democratico, che poi si tradurrebbe in sostanza nella sua annessione a tale campo, costituisce una pericolosa scorciatoia politicistica che ci allontanerebbe ulteriormente dai ceti popolari i quali non ne possono proprio più di subire sforbiciate alle loro condizioni di vita sull’altare del contrasto alle destre.

19/05/2023 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: https://formiche.net/2023/05/meloni-governo-italia-usa-cina-memorandum/

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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